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In Diocesi otto chiese giubilari per generare speranza

«Il pellegrinaggio esprime un elemento fondamentale di ogni evento giubilare. Mettersi in cammino è tipico di chi va alla ricerca del senso della vita». Sono parole tratte nientemeno che dalla Bolla di indizione del Giubileo, Spes non confundit, che sancisce la valenza giubilare della pratica del pellegrinaggio. Una prassi che assume ancora maggior senso dal momento in cui lo stesso Papa Francesco ha voluto dare al Giubileo un tema che ha strettamente a che fare con il pellegrinaggio: «Pellegrini di speranza». «In questo Anno giubilare – prosegue la Bolla, al paragrafo 24 – i Santuari siano luoghi santi di accoglienza e spazi privilegiati per generare speranza». Quali Santuari? Quali spazi privilegiati? «Nella nostra Arcidiocesi le chiese giubilari sono otto» ha annunciato mons. Lamba nell’incontro di presentazione delle iniziative giubilari, svoltosi poco prima di Natale.

Le otto chiese giubilari

Da nord a sud, le chiese giubilari dell’Arcidiocesi udinese sono: il Santuario della Madonna di Lussari (che è anche meta anche di pellegrini dalla Slovenia, che lo chiamano Svete Višarje, o dalla Carinzia, per i quali è Luschariberg), la Pieve di San Pietro in Carnia a Zuglio, già sede vescovile; il Santuario di Sant’Antonio di Padova a Gemona, primo santuario antoniano al mondo; il Santuario della Madonna di Castelmonte.

Tre i luoghi giubilari in città a Udine: la Cattedrale, cuore pulsante della Chiesa udinese; il Santuario della Beata Vergine delle Grazie, caro ai cittadini e non solo; infine, la chiesa ospedaliera di Santa Maria della Misericordia, nel grande nosocomio di Udine. Una seconda chiesa giubilare prossima a un luogo di cura si trova a Latisana: è il Santuario della Vergine delle Grazie di Sabbionera.

In pellegrinaggio a Castelmonte, nel 2025 una delle otto chiese giubilari

Perché queste chiese?

Una domanda per cui è necessario fare un passo indietro a un elemento simbolico del Giubileo: la Porta Santa. E qui urge sgombrare il campo da un equivoco, retaggio del Giubileo straordinario del 2016: in quest’Anno Santo, infatti, non ci sono “Porte Sante” sparse nel mondo. Le uniche cinque Porte Sante si trovano a Roma, nelle quattro Basiliche maggiori (San Pietro, San Giovanni in Laterano, San Paolo fuori le mura, Santa Maria Maggiore) e – per la prima volta – nel carcere di Rebibbia. In nessun altro luogo si può varcare fisicamente una Porta Santa. Pazienza: la Porta Santa è un segno e non un portale magico che, una volta varcato, permette in automatico di “sbloccare” certe grazie celesti. La soglia da varcare è interiore, spirituale, ha a che fare con il perdono e la conversione. Ed ecco il motivo per cui sono state individuate le chiese giubilari.

Il Santuario della B.V. delle Grazie di Sabbionera, nei pressi dell’ospedale di Latisana, chiesa giubilare

L’istituzione di questi speciali luoghi di culto non è richiesta dalla Bolla di indizione del Giubileo, la quale però parla di «chiese giubilari lungo i percorsi (di pellegrinaggio)». In aggiunta, le Norme per la concessione dell’Indulgenza durante il Giubileo 2025 parlano di «chiese designate per l’Anno Santo», con lo scopo di rendere «pastoralmente facilitato […] l’accesso al sacramento della Penitenza e al conseguimento del perdono». Cavilli di diritto ecclesiastico? Niente affatto: la Bolla e le Norme, infatti, collegano i due elementi fondamentali – questi sì – del Giubileo: il pellegrinaggio e il perdono. E lo fanno con l’accezione tipicamente bergogliana di rendere il più capillare possibile l’accesso a queste possibilità spirituali. “Facilitare pastoralmente”.

In altri termini, per rispondere alla domanda “a cosa serve il Giubileo?” la risposta non è innanzitutto “per organizzare pellegrinaggi alla Porta Santa di Roma”, bensì “per vivere un momento di conversione che porti alla riconciliazione”. E questo vale a Roma come in tutto il resto del mondo, Porte Sante o no.

La Pieve di San Pietro a Zuglio

Il pellegrinaggio

In tutte le chiese giubilari sarà quindi possibile recarsi in pellegrinaggio, singolarmente o in comunità. Chi peregrina, come ha ben ricordato Luca De Clara su queste pagine, «ha sospeso il tempo della vita, delle cose e degli affari, ha assunto un atteggiamento di sobrietà, portandosi dietro solo l’indispensabile. Ha capito, camminando, che nulla è suo e tutto è di Dio». E torna a casa «portando con sé un messaggio potente: ha visto, ha toccato con mano, può testimoniare, ha sperimentato la grandezza di Dio, l’immensità del suo creato, la potenza del suo perdono».

In pellegrinaggio, autentici testimoni della salvezza

Quella possibile nelle chiese giubilari è quindi un’esperienza di sospensione, di penitenza e, in definitiva, di conversione. Per questo motivo in occasione dell’Anno Santo nelle “nostre” otto chiese sono stati ampliati gli orari di apertura e le possibilità per vivere i Sacramenti della Riconciliazione e l’Eucaristia, quest’ultima da celebrare secondo i formulari giubilari. Un’attenzione specifica riguarda il Lussari, in cui gli orari delle celebrazioni dipendono dal funzionamento della locale funivia. Insomma, otto chiese per altrettante oasi di speranza, virtù che trae vigore proprio nella conversione, nei Sacramenti e nella preghiera. E che fa del pellegrinaggio – esteriore e interiore – l’immagine del suo faticoso (ma fruttuoso) cammino. Non è un caso, infatti, che l’Arcivescovo stesso, individuando le otto chiese giubilari, abbia invitato ad «accompagnare la visita giubilare con un percorso di fede caratterizzato dalla perseveranza nella cura della vita spirituale e dalla pratica delle opere di misericordia corporale e spirituale, come frutti di un’autentica conversione a Cristo e come segni di speranza per le nostre comunità». Come a dire che il pellegrinaggio alle chiese giubilari è il “prima”, i suoi frutti concreti sono il “dopo”.

Chiese giubilari lungo i cammini

Lussari, Castelmonte, Zuglio, Sant’Antonio a Gemona. Queste quattro chiese giubilari si trovano lungo cammini strutturati: le prime due sul Cammino celeste, Zuglio sul Cammino delle Pievi, Gemona sulla Romea strata e sul Cammino di Sant’Antonio. Castelmonte è anche nel cammino delle 44 chiesette votive delle Valli del Natisone, ultimo a essere incluso nel Catalogo nazionale dei cammini religiosi. Un’occasione ulteriore per unire la pratica del cammino con quella del pellegrinaggio, come era fin dall’inizio.

Giovanni Lesa

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