Abbonati subito per rimanere sempre aggiornato sulle ultime notizie
ArcivescovoChiesaIn evidenza

«Era importante essere qui». In ospedale a Udine la Via Crucis con l’Arcivescovo

Una candela che arde, un passo che sostiene l’altro, ciondolante. Alzi lo sguardo: è buio. Ma sei in compagnia. Tante persone camminano accanto a te, in mano quella stessa fiammella che ballonzola tra i flambeau. Sono tante le candele che venerdì 28 marzo hanno illuminato i viali dell’ospedale “Santa Maria della Misericordia” di Udine per la consueta Via Crucis ospedaliera presieduta dall’arcivescovo, una “prima” per mons. Riccardo Lamba.

Le candele non sono le uniche luci presenti. Ci sono le finestre. Molte al buio, a custodire il riposo e la vita sospesa di chi si trova lì in cura. Altre accese, con ombre si affacciano incuriosite. Fiammelle che danzano, cuori che sperano. Lassù si alza una mano, un cenno di saluto. Quaggiù altre – giovani – ricambiano. Sì, giovani, perché le stazioni di questa caratteristica Via Crucis sono tradizionalmente animate da diversi gruppi giovanili del Vicariato, impegnati nei giorni precedenti a meditare sui diversi momenti della sofferenza finale di Gesù, per tirare un filo di vicinanza con le sofferenze di oggi. Le mani che salutano, timide, reggono quei fili invisibili.

Il corteo procede, lento. Si canta – da Laipacco e San Gottardo due cori fusi in un’unica voce -, i canoni di Taizé in tante lingue scandiscono il passo. Chiacchierano un po’, i ragazzi. Come dar loro torto? Ma lo fanno sottovoce: il contesto ha un ché di sacro, al di là della preghiera. Colgono gli sguardi dalle finestre illuminate, forse non hanno la forza di ricambiare. Ma quelle mani che salutano smuovono i cuori.

«Abbiamo riflettuto sulle persone incontrate da Gesù lungo la sua Via Crucis. Sono stati incontri brevi e toccanti. Qui molte altre persone stanno incontrando Gesù, in momenti altrettanto importanti. Per molti, decisivi». Non usa mezzi termini l’arcivescovo mons. Riccardo Lamba nella sua breve omelia a conclusione di questo autentico pellegrinaggio, dinanzi alle persone letteralmente stipate nella piccola chiesa dell’ospedale. «Molte delle persone qui ospitate stanno sperimentando la stessa sofferenza di Gesù e si preparano all’incontro finale con lui», ha affermato. «Chissà, alcuni staranno compiendo gesti di amore estremo, di riconciliazione con persone che lungo la vita hanno offeso o deluso. Li vogliamo accompagnare con la nostra preghiera – ha concluso – perché possano dire “Padre, nelle tue mani affido il mio spirito” e possano trovare, alla fine della loro vita, la pace che tutti gli auguriamo. È Gesù la pienezza della vita».

La chiesa si svuota, la celebrazione è compiuta. Ma non è ancora tempo di riportare il silenzio: alcuni ragazzi alleviano la tensione parlottando sul sagrato della chiesa, che quest’anno è giubilare. Domani c’è scuola e pure quell’interrogazione, ma due parole si scambiano volentieri. Una ragazza è seduta fuori dalla chiesa.
«Sei stanca?».
«Sì. Sai, avevo allenamento… e lo studio».
«E nonostante tutto sei qui. Cosa ti ha colpito stasera?».
«Che c’era tanta gente. Non avrei mai pensato. Li hai visti anche tu?».
«Chi?».
«Quelli alle finestre. Anche loro erano tanti. Era importante essere qui».

G.L.

Via Crucis in ospedale a Udine, 28 marzo 2025

Articoli correlati