Nell’omelia pronunciata in occasione della solennità di Pasqua, mons. Andrea Bruno Mazzocato sollecita a guardare alla figura di Giovanni che «esce dal sepolcro trasformato dalla fede e deciso a dare tutta la vita per annunciare a tutti che c’è una speranza nuova per gli uomini; la speranza che si può vivere, morire e risorgere come Gesù e con lui». Forte inoltre il richiamo alla preghiera per quanti, in particolare medici e operatori sanitari, hanno perso la vita a causa della pandemia
«Vede con gli occhi e capisce con la fede che, in quel momento, si è accesa in lui». Invita a guardare a Giovanni l’arcivescovo di Udine, mons. Andrea Bruno Mazzocato, nell’omelia pronunciata in occasione della Santa Pasqua 2020, così duramente segnata dalla pandemia di Covid-19. «Giovanni — spiega — finalmente conosce chi era veramente il Maestro con cui aveva vissuto per tre anni; dal quale si era sentito tanto voluto bene e che lui aveva amato con tutto il cuore. Quell’amore lo aveva spinto, due giorni prima, a stare accanto a Maria, Madre Addolorata, accompagnando Gesù fin sotto la sua croce e lì lo aveva visto rendere lo spirito dicendo: “. «Gesù rivela a Giovanni che, con il suo amore senza calcoli e condizioni, aveva vinto. Il telo funebre afflosciato sulla pietra con impresse le tracce delle sue ferite era il segno che Gesù gli lasciava perché capisse e credesse che era risorto; era entrato in una nuova vita, la vita eterna dell’Amore. Giovanni esce dal sepolcro trasformato dalla fede e deciso a dare tutta la vita per annunciare a tutti che c’è una speranza nuova per gli uomini; la speranza che si può vivere, morire e risorgere come Gesù e con lui. La predicherà assieme agli altri apostoli e ai tanti missionari del Vangelo. Oggi, giorno di Pasqua, ripete anche a noi il suo annuncio perché si accenda anche in noi la luce della fede e della speranza. Chi consuma la sua vita con l’amore di Gesù nel cuore, vivrà con lui in eterno».
Da qui il rimando all’attualità: «In questi giorni — ha evidenziato infatti mons. Mazzocato — viene ripetutamente ricordato il sacrificio dei tanti medici e operatori sanitari che hanno pagato con la vita la dedizione ai fratelli infetti dal virus maligno. Di loro non ci resti, però, solo un edificante ricordo. Per loro ci sia la nostra preghiera piena di speranza. Essi sono morti con addosso i segni del sacrificio di sé per aiutare i fratelli nella lotta contro il male. Quel sacrificio di amore li unisce al sacrificio di Gesù in croce e Gesù risorto li rende partecipi della vita eterna che ha inaugurato il mattino di Pasqua. Pasqua, caratterizzata anche dall’emergenza creata dal virus, indichi a tutti noi la strada della vera speranza che Gesù ha tracciato col suo sangue. Egli ci invita a seguirlo vivendo di amore e giungendo anche noi, alla fine dei nostri giorni, con il corpo e il cuore segnati da profonde ferite di amore come era il corpo e il cuore di Gesù deposto nel sepolcro. Risorgeremo con lui perché il male e la morte non hanno l’ultima parola sulle ferite dell’amore».