
Commento al Vangelo del 13 aprile 2025,
Domenica delle Palme
Dal Vangelo secondo Luca
Lc 22, 14 – 23, 56
A cura di don Alberto Santi
Dopo aver ascoltato il lungo racconto della passione di Gesù, non dovremo fare altro che stare in silenzio contemplando il Crocifisso. Una contemplazione che può accompagnarci, in questi giorni, attraverso la rilettura dei capitoli finali del Vangelo di Luca.
Vale anche per noi quanto san Paolo scrive ai cristiani della Galazia: voi agli occhi dei quali fu rappresentato al vivo Gesù cristo crocifisso (Gal 3,1). Le folle che si battono il petto di fronte a questo spettacolo (Lc 23,48) ci invitano ad un coinvolgimento personale. Tuttavia oggi rischiamo di lasciarci trasportare soltanto da sentimenti di tenerezza e di compassione davanti alle sofferenze fisiche dell’uomo Gesù. L’evangelista Luca non pone invece l’accento su questo aspetto, sottolineando l’incomprensione che Cristo ancora una volta sperimenta durante la sua passione.
La contemplazione ci è necessaria per la successiva comprensione di quanto descritto: la Colletta che precede la Liturgia della Parola ci invita alla preghiera con queste parole: Dio onnipotente ed eterno, che hai dato come modello agli uomini il Cristo tuo Figlio, nostro Salvatore, fa che abbiamo sempre presente il grande insegnamento della sua passione. Questo è l’atteggiamento che dobbiamo provare a fare nostro: dalla croce, il Signore Gesù ci offre ancora grandi insegnamenti.
La prima parola che ci è data è un’invocazione di perdono per i suoi crocifissori che Gesù rivolge al Padre. Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno (Lc 23,34).
Il perdono viene prima di tutto e forse non potremmo sopportare l’ascolto della passione se non iniziassimo con il perdono.
L’immagine medievale del perdono era quella della croce fiorita. La croce, simbolo della capacità dell’uomo di respingere l’amore, fiorisce la domenica di Pasqua. Il perdono fa rivivere ciò che era morto e rende bello ciò che prima era indecente.
Riscopriamo allora la capacità di perdonare, una virtù che oggi molto spesso sembra mancare anche tra noi cristiani. Questo è un cammino da compiere con pazienza e perseveranza perché non possiamo perdonare tutto immediatamente. Imparare a non vendicarci può essere già un primo grande passo.
“In verità io ti dico: oggi sarai con me nel paradiso” (Lc 23,43). Il buon ladrone è salvato. Non chiede perdono, ma riconosce la Verità, chiamando le cose con il loro nome. “Noi siamo castigati perché lo meritiamo, lui però è innocente” (cfr Lc 23,41).
“Oggi sarai con me nel paradiso”: Dio ha un senso del tempo completamente diverso da nostro, vive nell’Oggi eterno. Anche noi ogni volta che amiamo e perdoniamo sfioriamo quell’Eternità, che è la vita stessa di Dio.
L’ultima parola di Gesù sulla croce, così come la prima, è rivolta al Padre. “Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito” (Lc 23,46). In un mondo fuori controllo, caratterizzato da profonde ansie e preoccupazioni, sperimentiamo la paura per il futuro, temiamo l’insuccesso, la solitudine, il fallimento dei nostri rapporti umani e la morte.
Una preghiera di affidamento, allora, è ciò che dovremmo fare nostro ogni giorno. Affidare al Padre la nostra vita; nell’abbandono a Lui troviamo quella la forza necessaria per continuare con coraggio il nostro cammino, pellegrini di speranza verso il Signore Gesù e il prossimo.
don Alberto Santi