Da sempre gli italiani, e i friulani non sono da meno, hanno bruciato legna da ardere, tagliata dalle varie imprese, dai boscaioli della domenica e, soprattutto, importata dall’estero. Siamo i primi importatori in Europa. Nel 2012 fra i rappresentanti ministeriali e i Regionali è iniziato un dibattito, nell’ambito dell’aggiornamento della legge forestale nazionale, per incentivare la produzione di legna, che si è concluso con l’approvazione nel maggio 2023 del documento “Gestione Forestale e sostenibilità degli usi energetici delle biomasse forestali”. Tale documento non aveva solo una finalità produttiva di aumentare il taglio annuale, ancora sottodimensionato rispetto alla crescita, ma soprattutto sociale, nel garantire lavoro, “sviluppando filiere locali e territoriali…. e dimensionando gli impianti a misura di filiera”; il tutto nel rispetto delle leggi forestali e del principio “a cascata”, vale dire si può bruciare quello che non è diversamente utilizzabile. Tutto questo può attuarsi, principalmente nei territori a questo predisposti, un tempo governati prevalentemente a ceduo (dopo il taglio le ceppaie rigettano nuovi fusti), che tuttavia soffrono di una grave patologia: la polverizzazione fondiaria. Se e vero, come lo è, che non si può tagliare senza il consenso del proprietario, la conclusione è che i boschi son preclusi, per la quasi totalità, e quindi ingestibili e sono, principalmente diffusi nella fascia collinare e prealpina, per una superficie stimabile pari a circa la metà dei boschi regionali estesi su 332.000 ettari. Il problema non è nuovo; da anni si discute e si sono pure trovate le soluzioni legislative. Basterebbe citare la legge della montagna del 1994 (relatore il Sen. Carnico Carpenedo), nella quale si legge: le comunità montane “sono tenute a promuovere la gestione del patrimonio forestale mediante apposite convenzioni tra i proprietari. Possono altresì promuovere la costituzione di consorzi forestali, anche in forma coattiva qualora lo richiedano i proprietari di almeno i tre quarti della superficie interessata”. La legge è rimasta inapplicata ed ora ci si domanda: perché il politico non è intervenuto? Certo quando si tratta di chiedere soldi alla Regione alza la voce, ed il politico di turno poi gli chiede il voto. Ora questa legge, per il considerevole aumento degli irreperibili non è applicabile, non potendo raggiungere il 75% della superficie consenziente. Il d.lgs. 34/18 (Tesco unico forestale) contiene la soluzione, ma pare non interessi nessuno. In un contesto economico geopolitico in tragica evoluzione, si continua a dare spazio e credito all’industria (1.4 milioni la somma erogata M.V. 4.3.25), anche alla propaganda sovvenzionando gli alberi in città (3 miliardi per nuove piante, Mv. 22.9.24) e poi ci sono “Foreste in Festa”, appuntamenti che sembrano ricordare il paese dei balocchi di Pinocchio. Le fabbriche possono cambiare di proprietà e licenziare; il lavoro della piccola media impresa forestale è inespugnabile ed è presidio economico e sociale.
E non dimentichiamo il richiamo del Presidente Mattarella di fine anno “non abbandoniamo le aree interne”.
Sandro Di Bernardo
dottore Forestale della Montagna