Ore 18.30 di un giovedì di fine aprile. Un insolito spiegamento di forze di polizia circonda la Cattedrale di Udine: si sta per celebrare qualcosa di importante. Dentro, alla spicciolata, si radunano gruppetti di adolescenti e giovani: davanti a tutti loro, una foto: è un sorridente – e relativamente giovane – uomo vestito di bianco: Papa Francesco. La preghiera che si sta per celebrare è in suffragio suo.
Se guardiamo ai numeri, sarebbe sbagliato definire “gremita” la Cattedrale. Sarà per l’orario insolito, sarà perché a essere piene – quelle sì – sono le chiese dei paesi, che pullulano di iniziative di preghiera in ricordo del defunto Pontefice. Alla fine sono circa quattrocento i partecipanti alla veglia promossa congiuntamente – in poco più di due giorni – dalla Pastorale giovanile, dalla Pastorale vocazionale e dalla Pastorale universitaria. Presenti, tra gli altri, il prefetto Domenico Lione e diverse autorità militari.
Questi i numeri. I quali, tuttavia, per loro natura non misurano l’intensità della preghiera che si è vissuta. E delle parole che – ci auguriamo – abbiano fatto breccia nei cuori. Parole, appunto. Quelle di Bergoglio sono risuonate più volte, tratte da registrazioni di interventi o da documenti ecclesiali.

Incroci della Provvidenza
Ma in Cattedrale, quel giovedì sera, non sono risuonate solo le parole del defunto Papa: dopo aver acceso un lume dinanzi alla foto di quell’uomo vestito in bianco, l’arcivescovo mons. Riccardo Lamba ha pronunciato quella che può essere definita, senza timore di esagerazione, una delle più accorate omelie da quando è Vescovo a Udine. «Chi mi conosce sa che credo ciecamente nella Provvidenza», ha esordito Lamba. «Quando Jorge Mario Bergoglio ha sentito la chiamata a diventare sacerdote era il 21 settembre, la festa di San Matteo. Non è un caso. La parola Matteo significa dono. La Vita di ciascuno di noi è un dono e Papa Francesco ce l’ha ricordato».
Ci avviciniamo al cuore della preghiera, che vuole celebrare la memoria di Papa Francesco partendo proprio dalla sua chiamata vocazionale. Nei suoi passaggi, l’Arcivescovo non ha lesinato alcuni ricordi personali legati alla sua vocazione. «Ho avuto la grazia di essere stato accompagnato in seminario da un prete che era amico di infanzia di Francesco. Andavano insieme alle feste! Questo sacerdote ci aiutava a vedere la nostra vita come un dono che non possiamo tenere per noi stessi. “Guarda che funzioniamo cosi: ciò che hai o lo dai o si esaurisce”. Un tempo per donare la tua vita lo trovi sempre. Ciò che ricevi come dono, donalo!»
«Non tirarti indietro!»
«Anche io – ha raccontato Lamba – sono entrato in seminario il 21 settembre. Non vi nascondo che, entrando in questa assemblea, mi sono chiesto: “Cos’ha in serbo di bello il Signore per la Chiesa? Quante vocazioni sono qui presenti, magari senza saperlo?”»
Da qui l’esortazione finale: «Il Signore chiama. Ha chiamato Matteo, Pietro, Papa Francesco. Sono sicuro che anche in mezzo a noi c’è questo dono. E ti dico: “Non tirarti indietro! Sei titubante? Sei impaurito? Fidati!”»

Fidati. Fiducia. Fidati ancora. Chissà che queste parole non abbiano fatto breccia nel cuore di chi – come quel giovane argentino, Jorge Mario Bergoglio – ha sentito l’invito pressante a essere in Cattedrale giovedì sera. E, chissà, a dare seguito a sua volta a quel “Seguimi!” che Gesù rivolse a Pietro, il primo Papa. Perché con Cristo tutto parte da una chiamata. Lo fu per il Papa, lo sarà per…
G.L.