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L’Arcivescovo: «Il Papa è morto in un giorno pasquale: in Gesù c’è una vita oltre la morte»

Si trovava nel carcere di Tolmezzo quando è stato raggiunto dalla notizia della morte di Papa Francesco. «Da una parte c’è commozione perché si tratta della morte di una persona a cui tutti quanti siamo stati affezionati; dall’altra parte, però, ho cercato di leggere questo evento con un occhio di fede». Per l’arcivescovo di Udine, mons. Riccardo Lamba, non è un caso che la scomparsa di Papa Francesco sia avvenuta proprio in un giorno pasquale, Lunedì dell’Angelo. «La Messa che stavamo celebrando, proprio quella Messa, è la celebrazione di Gesù risorto dalla morte. In questo orizzonte possiamo leggere e rileggere questa notizia. Tutti gli ultimi papi sono morti in giorni in cui la fede dice cose grandi, iportanti: anche Giovanni Paolo II è morto nell’Ottava di Pasqua, Paolo VI nel giorno della Trasfigurazione. Un motivo in più per affiancare la fede alla sofferenza del momento».

Mons. Lamba, anche nella morte di Papa Francesco celebriamo la Risurrezione di Cristo…

«Si, certamente. Stiamo celebrando l’ottava di Pasqua, l’evento della risurrezione. Come cristiani siamo chiamati ad annunciare la vittoria di Cristo sul peccato e sulla morte. Papa Francesco da questo punto di vista era molto attento, lui continuamente annunciava la vita, la vita che va oltre la morte, anche il suo impegno per la pace è sempre stato basato sull’importanza di far trionfare la vita oltre la morte. Sicuramente questo evento ci addolora, ma leggendolo nell’ottica della fede pensiamo che lui adesso è in quella gloria della risurrezione che ha annunciato tante volte in tanti modi.»

Come ha appreso la notizia?

«La notizia mi ha raggiunto mentre stavo celebrando la Messa nel carcere di massima sicurezza di Tolmezzo. Quando sono sceso dall’altare per portare la pace ai volontari e ad alcuni degli ospiti della casa circondariale, il capo del servizio di sicurezza mi ha detto che aveva una brutta notizia da darmi: “è arrivata adesso la notizia che è morto il Santo Padre”.»

Come avete pregato assieme alle persone detenute?

«Ho condiviso subito una considerazione con tutti gli operatori lì presenti, i sacerdoti, il cappellano del carcere padre Claudio, il parroco di Tolmezzo, don Angelo, con i volontari, con le persone del servizio di vigilanza e con le persone lì ospitate: il Papa ci teneva tantissimo alle persone più emarginate, più in difficoltà, più fragili. E dicevo loro di quante volte il Papa è andato in giro per il mondo e in ogni viaggio voleva sempre entrare nelle realtà carcerarie. Era provvidenziale che noi fossimo lì a pregare per lui, quasi a raccogliere questa sua testimonianza e questo invito.»

L’arcivescovo Riccardo Lamba riceve dalle mani di Papa Francesco il pallio, 29 giugno 2025 | © Vatican Media

Lei conosceva personalmente Papa Francesco?

«Ho avuto diverse occasioni di incontro con lui quando ero membro del Consiglio Episcopale della Diocesi di Roma, ma anche a livello personale ho avuto un paio di occasioni in cui ho avuto la necessità di parlare personalmente con lui di alcune situazioni molto particolari e lui si è sempre dimostrato molto attento: chiedeva approfondimenti, voleva sapere nei dettagli. Pur fra le tante preoccupazioni (che tutti quanti noi possiamo immaginare) cercava sempre di essere attento a quello che io stavo cercando di rappresentargli e di esprimergli.»

C’è un ulteriore aspetto che ricorda di Papa Francesco?

«Sì, ricordo sempre una buonarietà, una cordialità, il suo modo anche scherzoso di fare battute, un’umanità molto verace.»

Un Papa che ci ha insegnato molto fino nella malattia…

«Il Papa aveva un carattere molto forte: anche chi l’ha accompagnato dal punto di vista sanitario ha riconosciuto in lui una grande forza. Ma anche una fragilità. Quest’ultima, nel momento della malattia, lo ha reso più vicino alla nostra esperienza di malattia e sofferenza. Siamo convinti che il Papa ha sperimentato la potenza di Gesù.»

Papa Francesco lascia un vuoto in un mondo in preda alle guerre: cosa possiamo dire a chi vedeva in lui una figura di riferimento per la costruzione della pace?

«Nel Vangelo di Giovanni, prima di iniziare il racconto della Passione Gesù disse che “se il chicco di grano non muore, non porta frutto”. Auspico che questa morte porti frutto nell’animo di tutti coloro che sono chiamati a compiere decisioni. Confido che essi possano fermarsi.»

Giovanni Lesa e Marta Rizzi

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