Testimonianza dal carcere di Tolmezzo
«In un carcere la vita passa per migliaia di fogli e un enorme movimento di carta», diceva una giornalista, presentando in tv un libro sul tema. Verissimo; tutto qui ruota intorno a fogli scritti: “domandine”, istanze, rapporti, permessi… siamo tutti immersi in un costante flusso cartaceo.
Ma c’è anche un altro flusso cartaceo che scorre: quello della corrispondenza tra i detenuti e i loro familiari. Il carcere è forse rimasto uno dei pochi luoghi in cui si ricorre ancora a carta e penna per tener vive relazioni ed affetti. Lettere cariche di preoccupazioni, speranze e sentimenti da condividere e da custodire. Ogni lettura è un reimmergersi in ambienti, volti, situazioni distanti che, quasi per magia, ritornano vicini.
Ci sono poi casi di corrispondenza particolare, direi eccezionale. Come il plico ricevuto un giorno da Gennaro. Sulla busta spiccava un timbro con su due chiavi incrociate. «Gennaro, ti ha scritto il Papa!» gli dissi quel giorno in cappella. «Ma veramente?». La sua incredulità svanì quando gli consegnai la busta. Era proprio Papa Francesco, che rispondeva a una lettera che Gennaro gli aveva mandato, insieme alla foto di una sua creazione: una statua del Papa fatta con materiale di scarto reperito in carcere.
Difficile per noi immaginare cosa significhi per un detenuto ricevere una lettera personale dal Papa: quale gioia e quale fiducia può mettere nel suo cuore, e non per un momento solo. Non essendo in grado io di descrivere quanto provato da Gennaro, gli ho chiesto la cortesia di mettere qualche suo pensiero per iscritto. Lo ha fatto, ed ecco, ora c’è posta per voi, cari lettori: una luce che filtra dalle sbarre del carcere di Tolmezzo.
«La fede mi spinge a scrivere una lettera al Papa, allegando una foto dell’opera realizzata. Scrivo brevi parole, per essere purificato da ogni peccato. Un pensiero restava fisso nella mia mente: chissà se il Papa leggerà il mio scritto… Ed ecco, un giorno ricevo una lettera dal cappellano: Papa Francesco mi ha scritto! Incredulo, mi siedo, sentendomi tremare le gambe. Il Signore ancora una volta si era fatto presente; scrivo queste righe e mi commuovo ancora, forse non trovo le parole giuste, ma di certo posso dire che Gesù mi ha dato una carezza al cuore.
Rileggo con attenzione quelle righe, il grazie per aver condiviso con lui le mie speranze e la benedizione espressa di cuore da Papa Francesco. Alla fine mi soffermo a guardare la firma del Papa e lì, nel mio cuore, parte: Grazie, Gesù! Sai darmi sempre tanta forza e tanta verità nella fede, non smetterò mai di dialogare, confidandomi con te.
Non so come, ma leggendo quelle parole di Papa Francesco sento una leggerezza nell’anima, sento cuore e mente così puri che mi porta una pace interiore.
Vorrei dire a tutti che non bisogna mai mollare la speranza. Abbiate fede, perché il nostro Gesù è presente nei nostri cuori, e se c’è fede Lui si fa sentire, come pure opera in tante mie ferite. Amici miei, credere è pace, credere è vita, credere è amarci l’uno con l’altro.”
p. Claudio Santangelo C.M.
Cappellano
Casa circondariale di Tolmezzo