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Opinioni

L’intelligenza artificiale sia all’altezza della vocazione dell’uomo

«Il pericolo non si trova nella moltiplicazione delle macchine, ma nel numero sempre crescente di uomini abituati, fin dall’infanzia, a non desiderare altro che ciò che le macchine possono dare».

Anche se l’affermazione di George Bernanos, acutissima penna del cattolicesimo francese, risale ormai a metà del secolo scorso, colpisce per la sua straordinaria capacità profetica. Mentre potremmo faticare ad immaginare l’universo tecnologico che poteva circondare chi nasceva all’indomani del secondo dopo guerra, non ci risulta difficile scorgere nelle righe dello scrittore proprio questi nostri tempi. Tempi in cui, “fin dall’infanzia” i bambini sperimentano la realtà passando dagli smartphone e navigando tra gli schermi e le corsie virtuali di Amazon, esposti alle opportunità ed ai rischi dell’Onlife, il termine che designa l’esperienza che si vive in un mondo in cui non è più facile distinguere i confini tra l’online e l’offline.

E tuttavia per Bernanos la questione centrale non riguarda il numero – sempre maggiore! – e le funzioni – sempre più varie! – delle macchine che ci circondano: ciò che davvero conta è quel che può accadere alla nostra capacità di desiderare, che è influenzata direttamente da ciò che le macchine offrono. Che ne sarà dei nostri desideri? Abbasseremo la mira, assuefatti dalla comodità dei touch-screen e delle consegne a domicilio 7 giorni su 7? Oppure ci spenderemo per una tecnologia che aiuta le persone a fiorire, custodendo la fragilità e la profondità di quei desideri eterni che ci rendono umani?

Cerca di rispondere anche a queste domande la “Nota” sul rapporto tra intelligenza artificiale e intelligenza umana, dal titolo “Antiqua et nova”, frutto di un lavoro congiunto di due dicasteri vaticani, Dottrina della fede e Cultura ed educazione. Il documento è “solo” il quarto intervento del magistero sul tema, dopo i tre del 2024, una frequenza che dice della “rivoluzione industriale” (e quindi anche sociale) che con l’intelligenza artificiale si sta attuando.

Una rivoluzione che è chiamata a essere all’altezza del desiderio e della vocazione della persona umana. Nel documento risuonano chiari l’appello alla responsabilità morale e il richiamo alla dimensione etica, da cui non si può prescindere per progettare sistemi i cui scopi siano il rispetto della dignità umana, la promozione del bene comune, in ascolto di quell’attrazione al bene che abita nella coscienza dell’uomo e lo distingue dall’intelligenza solo calcolante delle macchine.

Ci sarà qualcuno che saprà ascoltare? Nel frattempo, con DeepSeek la Cina ha mostrato agli Stati Uniti un modello più economico di macchine intelligenti. L’AI sta vivendo il suo “momento Sputnik” e si profila come la protagonista del prossimo capitolo di una nuova guerra fredda per la supremazia strategica, in un contesto globale interconnesso, ma privo, anche a livello tecnologico, di principi per una governance condivisa.

Di fronte a questioni e intrecci geopolitici così complessi, la tentazione di “spegnere tutto” potrebbe essere forte in quanti, specie cristiani, pensano che in fondo non ci si dovrebbe attardare troppo tra le cose di questo mondo. Eppure, ricorda la “Nota”, l’antropologia biblica e il personalismo cristiano offrono una bussola preziosa per navigare in questo mare di oggetti “nuovi” che rispondono a domande “antiche”. Il rischio di nuove idolatrie è reale, ma il progresso tecnologico non è escluso dal progetto di Dio sulla creazione. A chi si occupa del design dell’ecosistema digitale e a ognuno di noi, per quello che è l’uso quotidiano, il compito di sondare i propri desideri e trovare modalità creative per far sì che algoritmi e piattaforme siano luogo di umanizzazione.

Tommaso Nin

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