«Democrazia è esercizio dal basso, legato alla vita di comunità, perché democrazia è camminare insieme. Vi auguro, mi auguro, che si sia numerosi a ritrovarsi in questo cammino». Con queste parole mercoledì 3 luglio il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha concluso l’intervento con cui ha aperto la 50a edizione delle Settimane sociali dei Cattolici in Italia, in corso a Trieste, sul tema «Al cuore della democrazia». A prendere parte all’assise oltre 1.000 delegati provenienti da tutta Italia.
La democrazia ha un’anima? …e dei limiti?
«Non è fuori luogo chiedersi se la democrazia abbia un’anima, qualcosa che la ispira… o se sia solo un metodo», ha affermato Mattarella. «La democrazia, in altri termini, non si esaurisce nelle sue norme di funzionamento. Perché – come ricordava Norberto Bobbio – le condizioni minime della democrazia sono esigenti: generalità ed eguaglianza del diritto di voto, la sua libertà, proposte alternative, ruolo insopprimibile delle assemblee elettive e, infine, non da ultimo, limiti alle decisioni della maggioranza, nel senso che non possano violare i diritti delle minoranze e impedire che queste possano, a loro volta, divenire maggioranza».
Società del rischio
Nel suo intervento il Presidente della Repubblica – interrotto ben cinque volte dagli applausi del pubblico – ha più volte richiamato la storia delle Settimane sociali, che nel “secolo breve” si è intrecciata con gli eventi drammatici delle guerre e delle crisi. Fino ai giorni nostri. «Le nostre appaiono sempre più società del rischio, a fronteggiare il quale si disegnano, talora, soluzioni meramente tecnocratiche», ha affermato.
Una solida sovranità europea
Forte anche il passaggio sull’Europa, per cui Mattarella ha affermato che «Se in passato la democrazia si è inverata negli Stati – spesso contrapposti e comunque con rigidi, insormontabili frontiere – oggi, proprio nel continente che degli Stati è stato la culla, si avverte l’esigenza di costruire una solida sovranità europea che integri e conferisca sostanza concreta e non illusoria a quella degli Stati membri. Che consenta e rafforzi la sovranità del popolo disegnata dalle nostre Costituzioni ed espressa, a livello delle Istituzioni comunitarie, nel Parlamento Europeo».
Prima di concludere il Presidente ha voluto citare – tra gli altri – anche don Lorenzo Milani: «Perché ciascuno sappia di essere protagonista della storia. Don Lorenzo Milani esortava a “dare la parola”, perché “solo la lingua fa eguali”. A essere, cioè, alfabeti nella società».
Giovanni Lesa, inviato a Trieste