«Cjars sûrs e fradis, us doi il cûr che mê mari mi à dât e che il Signôr al à formât. O soi sigûr di cjatâ vierts ancje i vuestris cûrs par cognossisi, volêsi ben e sostignîsi tant che nus insegne il Vanzeli di Jesù (Care sorelle e fratelli, dono a voi il cuore che mia mamma mi ha donato e il Signore ha formato. Sono sicuro di trovare aperti anche i vostri cuori per conoscerci, amarci e sostenerci come ci insegna il Vangelo di Gesù)».
Proprio con queste parole l’arcivescovo mons. Andrea Bruno Mazzocato si rivolgeva ai fedeli nell’omelia della solenne concelebrazione in occasione del suo ingresso, in Cattedrale a Udine, il 18 ottobre 2009. «Ich grüße alle, im Namen des Herrn, auch in deutscher sprache (Saluto tutti nel Signore anche in lingua tedesca) – aggiungeva – Prosim, po slovensko, bo’iji ‘egan (Invoco, in sloveno, la benedizione di Dio). Mandi a duçj (Mandi a tutti)». E poco meno di 15 anni dopo, al momento di congedarsi?
Se fosse mai possibile tracciare un bilancio di questi anni di ministero pastorale, eccolo nelle parole dello stesso Arcivescovo, tratte dall’ampia intervista, a cura di Francesco Dalmas, pubblicata sulla Vita Cattolica del 10 aprile 2024: «Se in questi 15 anni ci sono stati nella Chiesa Udinese dei frutti buoni, va resa sempre lode a Dio. C’è infatti un’incolmabile sproporzione tra quello che ha fatto la grazia del Signore e ciò a cui noi abbiamo potuto contribuire con le nostre povere forze. A me basterebbe presentarmi davanti a Gesù Cristo facendo mie le sue parole: “Siamo servi inutili; abbiamo fatto quello che dovevamo fare”».
«Non può essere che l’amore a fondamento della nostra vita – afferma ancora nell’intervista l’arcivescovo –. Quindi la capacità di amare e, appunto, di lasciarsi amare. È questa, sostanzialmente, la carità cristiana che deve ispirare anche il nostro impegno a difesa della vita, della famiglia, per la stessa accoglienza».
A proposito delle Collaborazioni pastorali, mons. Mazzocato afferma che nella sua visita alle varie Cp ha avvertito che il progetto «è entrato nella mentalità delle nostre comunità e anche nell’attività pastorale. Penso che la visita pastorale sia servita a sostenere questo progetto – conclude – e a segnare una chiara linea: indietro non si torna. Sono di conforto le migliaia di collaboratori pastorali che ho incontrato, e più ancora le testimonianze che ho sentito da loro. Abbiamo un laicato di qualità spirituale, di amore per la Chiesa, di costanza nel servizio. Tutti presupposti che incoraggiano ad andare avanti».