«Permesso, scusa, grazie». Le ricordate le tre parole di Francesco quando indicava il segreto dell’armonia in famiglia? Oppure la «Chiesa in uscita» o la «Chiesa ospedale da campo»? «Papa Francesco ha subito spiazzato tutti inaugurando un linguaggio completamente nuovo, che, non venendo mai meno al rigore della dottrina, ha saputo comunque richiamare una serie di contenuti riletti non dall’alto dell’uomo che specula sui grandi misteri della fede, ma dal basso di chi quegli stessi misteri li vive, dentro la quotidianità». Parte da questa “novità” mons. Ivan Bettuzzi, parroco di Codroipo, docente di Teologia pastorale, rileggendo la “pastoralità” di Bergoglio. «Il suo linguaggio pastorale ha permesso a moltissime persone che si sentivano in qualche modo ai margini rispetto ai grandi discorsi, alle grandi riflessioni teologiche, di vivere un cristianesimo che fosse il più possibile domestico» ha testimoniato mons. Bettuzzi intervistato dai media diocesani. Ecco perché ha poi chiesto alla Chiesa di essere presente a partire dalle periferie, da quelli che sono considerati “gli ultimi”. «Possiamo dire che Papa Francesco ha sviluppato il concetto di una Chiesa policentrica che ha il suo centro continuamente spostato laddove le persone vivono la loro esperienza umana». Infatti, secondo Bettuzzi, «una Chiesa che non sia vicina alle persone e che non le incontri rischia anche di smarrire l’icona del volto di Cristo».
«Un Papa fortemente conciliare»
Una teologia pastorale che non è stata inventata da Francesco, ma che lui ha mutuato dal Concilio Vaticano II. «Sì, perché Francesco è stato un Papa fortemente conciliare».
Ma hanno in parte ragione coloro che dicono che Bergoglio ha aperto processi che il successore si troverà in difficoltà a concludere? «Ha aperto processi, ma ha indicato il sentiero da percorrere, anche dopo di lui, affinché questo itinerario non fosse protagonista di una risacca che potrebbe accadere, nel passaggio da un pontificato all’altro». Esemplificando, mons. Bettuzzi indica il grande tema femminile, quello di una Chiesa povera e, quindi, anche di una ministerialità che sia veramente vissuta dal basso, il tema dell’accoglienza dell’umanità sofferente e anche la percezione che ha dato Papa Francesco di convocare lo sguardo, anche planetario, per comprendere che la Chiesa non è soltanto europea e poi da Roma si allontana verso la periferia del mondo, ma abbraccia tutto il mondo. E la Chiesa europea deve sentirsi una parte nella stessa dignità di tutte le altre a livello mondiale.
«Non ha giocato a nascondino»
E poi le guerre e la pace, le migrazioni, il dramma degli abusi contro i minori. «Possiamo ben dire che Papa Francesco non ha giocato a nascondino – continua Bettuzzi –, non ha inventato linguaggi di copertura, ma ha saputo giocare la sua faccia e la faccia della Chiesa sui fronti che la storia continuamente ci pone di fronte. Dobbiamo anche ammettere che è stato una voce forte – tanto ammirata quanto inascoltata – nel richiamare l’umanità ai capi di governo, alla responsabilità nei confronti dei destini di popolazione intera e per quanto riguarda le disuguaglianze sociali, ma anche sui fronti di guerra».
Papa Francesco, «è riuscito a mostrare che cos’è la pastorale – sottolinea ancora mons. Bettuzzi –, ovvero il luogo dove il sapere della Chiesa viene continuamente rigenerato nell’incontro con la persona, nell’incontro con l’umanità nella sua integralità. Una cosa che ci ha mostrato è che quello che è umano è veramente nel cuore della Chiesa, senza barriere ideologiche, senza filtri che possano dire che c’è un umano giusto o un umano sbagliato. L’umano è il luogo dove Cristo continua a incarnarsi e si incarnerà fino alla fine dei tempi e da lì la Chiesa acquisisce nuove competenze. Questa è la Chiesa costituita da Gesù Cristo».
L’articolo completo si può leggere sulla Vita Cattolica del 24 aprile 2025