È Pasqua. Un irresistibile desiderio di speranza riempie le chiese per le celebrazioni del Triduo e, ancora di più, per quelle pasquali. Nel buio irrompe quella flebile luce sul cero, pasquale pure lui “per eccellenza”. «Questa è la notte che salva su tutta la terra i credenti nel Cristo dall’oscurità del peccato e dalla corruzione del mondo», recita il Preconio pasquale, l’Exsultet, al lume delle candele. È suggestiva, la veglia pasquale, “Madre di tutte le veglie”, perché richiama proprio quel desiderio così forte: tenere la fiammella in vita, costi quel che costi.

«Tutti coloro che hanno creduto è perché hanno ricevuto il sacramento del Battesimo e con esso hanno ricevuto il dono della fede. Sono stati immersi, cioè, in Gesù “Luce del mondo” e hanno sperimentato che dove c’è la luce, la luce di Gesù, lì c’è la vita e non la morte». Tra fiammelle luminose, queste le parole con cui l’arcivescovo mons. Riccardo Lamba si è rivolto a chi ha tenuto in mano le candele accese, nella veglia pasquale del sabato santo in Cattedrale. Molte, moltissime persone. Tra loro anche chi, il Battesimo, l’ha ricevuto proprio quella sera: Bensu, Evelyn, Sofia. «Dove c’è Gesù – ha detto ancora mons. Lamba – c’è la verità, non la menzogna, la falsità, il sotterfugio, l’inganno. Dove c’è Gesù c’è la luce che riscalda, c’è il fuoco dell’amore che brucia i nostri egoismi e si consuma come il cero pasquale senza riservare nulla per sé stesso».

Rivolgendosi ai presenti, l’Arcivescovo ha posto una domanda di non poco conto: «Perché siamo qui questa notte? Perché, come le donne, vogliamo ricordare ciò che Gesù continuamente ci ha detto?» Forse alcuni per una buona abitudine, molti per speranza. Ma mons. Lamba ha voluto andare oltre: «Siamo qui perché abbiamo sperimentato che tutto quello che Lui ci ha detto è vero, non nonostante la nostra fragilità personale o della Chiesa, ma proprio nella fragilità di ciascuno di noi e della Chiesa».

Pasqua: «Dio non riposa in pace. Annunciamolo!»
Domenica di Pasqua. Finalmente il sole bacia un Friuli lungamente coperto dalle nubi: l’aria è timidamente primaverile, tanto basta perché sia davvero una mattinata pasquale. In Cattedrale suonano le campane. Attendono l’Arcivescovo, che sta terminando la prima delle Messe – tre, per lui – di un giorno pasquale iniziato dietro le sbarre della casa circondariale del capoluogo friulano, assieme a chi vi si trova a scontare una pena. «È Pasqua per tutti, anche per chi è in carcere», ha affermato poi ai microfoni della RAI.
In una Cattedrale gremitissima, le parole di mons. Lamba riverberano il Vangelo del giorno. «Dio non riposa in pace. Dio non sta in pace» ha detto, riportando alla mente il tipico saluto per la morte di qualcuno. «Dio non vuole la nostra morte. Non ci sta. Non l’ha voluta per suo Figlio, Gesù Cristo. E non volendola per Lui non l’ha voluta neppure per noi. Ecco la novità! Novità che non è frutto dell’uomo perché nessun umano da solo può darsi vita dopo la morte».

Con la consueta vicinanza al vissuto di ogni persona, mons. Lamba con toni paterni si è rivolto ai presenti affermando che «Tutti abbiamo fatto l’esperienza, come i discepoli e come quelle donne, di un amore che non può essere sconfitto dalla morte, dalla violenza. Tutti noi che siamo qui potremmo dire di aver sperimentato che si può rinascere anche dopo una sconfitta, un’umiliazione, una parola fuori posto, un rinnegamento, un tradimento. Ciascuno di noi oggi è qui perché come Pietro, come Giovanni, come le donne ha sperimentato che è possibile ancora amare. È possibile».
Concludendo la sua omelia, l’Arcivescovo ha rivolto un invito dal sapore missionario. No, non si tratta di partire per qualche terra lontana, ma di portare quella “novità” – come l’ha chiamata – nei luoghi della quotidianità. «Torniamo verso le nostre case, le nostre famiglie, i luoghi di lavoro, di impegno, di studio, di svago, annunziando che “Cristo è veramente risorto, Cristo continuamente vive nel mio cuore, Cristo continuamente porta una vita nuova nella mia vita”».
G.L.