C’è curiosità attorno alla Cattedrale di Udine nel pomeriggio di domenica 13 ottobre. Un chiacchiericcio che si spande tra i viottoli del centro cittadino, a convergere verso la chiesa sede della Cattedra dell’Arcivescovo. Che in un grigio pomeriggio autunnale da quella Cattedra aprirà la sua prima finestra di magistero. «Cosa ci sarà nella sua Lettera pastorale?», ci si chiede. Qualche anticipazione mons. Lamba l’aveva offerta proprio tramite La Vita Cattolica, ma avere tra le mani il testo della sua prima Lettera ai fedeli friulani è tutt’altra cosa.
Suona la campana, un canto accoglie una processione inusuale: prima la Lettera pastorale, poi i Vespri per “pregarci su”. Subito, dunque, mons. Riccardo Lamba si accosta all’ambone e dà voce al microfono. «C’è un anelito di eternità che tutti noi abbiamo dentro e si realizza solo se, sentendoci amati da Gesù, lasciamo tutto per stringere un’amicizia con lui, un’amicizia che dura per la vita eterna». È prendendo spunto dal Vangelo del giorno (l’episodio dell’incontro di Gesù con il “giovane ricco” narrato da Marco) che il presule ha aperto la presentazione della sua Lettera. «Volgiamo lo sguardo a Gesù Cristo nostra speranza» è il suo titolo, un testo pubblicato dall’Arcidiocesi in forma di un libretto verde (colore che richiama la speranza? Anche e non solo) e distribuito ai presenti al termine della celebrazione dei Secondi vespri domenicali.
Dal cuore alle opere. Umano e divino insieme
«La Lettera è divisa in due parti», ha spiegato mons. Lamba entrando nel merito del testo. «La prima offre una riflessione antropologica, per capire cosa passa nel cuore dell’uomo e qual è la risposta da parte di Dio. La seconda parte invece riguarda alcune indicazioni pastorali. Indicazioni, non dettagli concreti – ha specificato l’Arcivescovo -. Credo infatti che il cammino delle diverse comunità possa attualizzare queste indicazioni in modo diverso. Per questo non ci sono dettagli stringenti».
Sono otto i paragrafi della Lettera, breve ma capace di aprire spiragli che da un lato si innestano nel cammino recente della Chiesa udinese, dall’altro guardano a nuovi spazi di evangelizzazione.
Verso il Giubileo? Anche. Ma prima verso Cristo
«Nel cuore dell’uomo, come dice Sant’Agostino, c’è un’irrequietezza, un’attesa di qualcosa di grande» Cita Le Confessioni, mons. Lamba, uno dei numerosi testi che irrobustiscono la prima parte della Lettera pastorale. «Le risposte che vengono dalla nostra esperienza umana si sono rivelate sempre insufficienti. Scorrendo queste esperienze arriviamo a constatare che l’unico che può rispondere a quell’anelito di bene e di eternità è Dio, in Gesù Cristo. Non un dio generico! Nel mistero pasquale pone il fondamento della nostra speranza: nella sua passione, morte e risurrezione dai morti. Da dove nasce dunque la nostra speranza se non da Dio?»
Ascoltando l’Arcivescovo di Udine si comprende come il centro del suo messaggio non sia il Giubileo – sebbene porti lo stesso tema -, bensì Cristo stesso. Salgono alla mente le parole del motto episcopale di mons. Riccardo: «Lui (Cristo) deve crescere, io invece diminuire». Cristo stesso emerge dovunque, citato nella Lettera per 22 volte su 19 pagine di testo.
Una speranza “missionaria”
Ricca di esortazioni è la seconda parte del testo. «In questa sezione vi sono alcune indicazioni che riguardano la vita delle nostre comunità. Se è vero che con il Battesimo siamo entrati nella Vita di Cristo, è anche vero che questo dono prezioso chiede di essere nutrito ogni giorno in ogni ambiente di vita». Di quali ambienti parla l’Arcivescovo? Si va dall’iniziazione cristiana alla catechesi, dalla cura della vita interiore alla carità, passando per la pratica del pellegrinaggio. Con due attenzioni di natura missionaria, con il sapore della “Chiesa in uscita” che mons. Lamba aveva a cuore nei suoi primissimi anni di episcopato, nella Capitale: «Mi sembrava bello indicare anche un altro aspetto, ossia portare l’annunzio del Vangelo – in questo anno speciale, giubilare – anche a coloro che non sono pienamente appartenenti alle nostre comunità e che, magari, vediamo solo in certe circostanze». E ancora: «È una dimensione missionaria delle nostre comunità, affinché – ognuna a modo suo – possa portare il dono del Vangelo nei diversi luoghi della vita, a partire dalle famiglie, dalle persone anziane, dai luoghi di cura, dalle realtà che si prendono cura delle fragilità, la scuola, le case circondariali. Dovunque sarà possibile, portiamo l’annunzio del Vangelo».
«Segni di speranza durevoli, non estemporanei»
Un anno di grazia e di speranza, insomma, all’insegna del Giubileo. Per mons. Lamba però non è sufficiente: è necessario, infatti, iniziare cammini che possano sopravvivere al Giubileo e proiettare l’annuncio del Vangelo verso il futuro. «Sembra che, così impostata, la Lettera lasci uno spazio aperto da condividere nelle Collaborazioni pastorali per individuare alcuni segni in ognuno di questi ambiti», ha suggerito l’Arcivescovo. «Sono sicuro che laddove ci si pone in preghiera, in ascolto dello Spirito Santo e laddove ci sia uno spirito di confronto si possano individuare dei segni in ognuno di questi aspetti: catechesi, liturgia, carità. Purché siano segni non estemporanei, ma capaci di accompagnare tutto il cammino delle comunità cristiane».
L’annuncio: «Ad agosto insieme a Roma»
Infine l’atteso annuncio, che era nell’aria da alcuni giorni, di un pellegrinaggio diocesano a Roma in occasione del Giubileo. «Invito a un pellegrinaggio diocesano a Roma, a fine agosto, in modo tale che sarà possibile pregare insieme sulla tomba degli apostoli. Stiamo iniziando i preparativi».
Giovanni Lesa