Nel pomeriggio di giovedì 9 maggio l’arcivescovo di Udine mons. Riccardo Lamba ha fatto visita al carcere di Tolmezzo per incontrare prima il personale di Polizia penitenziaria e gli operatori interni della struttura e poi una rappresentanza dei detenuti.
Accompagnato dalla direttrice del carcere Irene Iannucci e dal cappellano padre Claudio Santangelo, oltre che dal parroco di Tolmezzo mons. Angelo Zanello, il presule si è rivolto agli genti e agli altri Operatori penitenziari con parole di vicinanza e sostegno alla non facile attività che essi svolgono per assicurare il corretto funzionamento della struttura detentiva e garantire la sicurezza e gli adempimenti previsti dalla Legge nei riguardi di quanti sono ivi reclusi.
La Direttrice del carcere Irene Iannucci nel ringraziare per la visita del massimo esponente ecclesiale in Diocesi ha evidenziato che «Pur di fronte alle esigenze di custodia e sicurezza che richiede la gestione di una struttura penitenziaria come quella di Tolmezzo ci si adopera comunque a promuovere nell’adempimento del proprio dovere e lavoro un possibile riscatto delle persone recluse, ad offrire le opportunità di un possibile cambiamento». «È un luogo – ha ricordato – carico di contraddizioni. Per esempio c’è tanto silenzio ma è un silenzio assordante; un luogo quello del carcere dove c’è tanta sofferenza e alle volte violenza, violenza psicologica e sopraffazioni, ma dove c’è anche tanta solidarietà che proviene sia dai detenuti stessi sia dalle persone che a vario titolo operano a livello intramurario. Un mondo di emarginazione sicuramente ma anche un mondo intriso di umanità.»
Mons. Lamba agli operatori: «Custodite i germogli di bene»
Nel prendere la parola il nuovo Arcivescovo di Udine, da pochissimo insediato in Diocesi, ha ricordato come sia rimasto colpito dallo sguardo di un detenuto durante la sua prima visita da vescovo al carcere romano di Rebibbia. Questa persona gli si avvicinò e gli disse: «Si ricorda di me?» Era un suo parrocchiano quando ancora mons. Lamba era parroco. «Fu impressionante – ha detto il Vescovo – rivedersi a distanza di tempo in quel contesto. Anche per questo oggi vengo a farvi visita per conoscervi e conoscere meglio questa realtà.»
Il presule ha proseguito ringraziando tutti per il prezioso quanto difficile lavoro che svolgono all’interno delle mura del carcere chi come agenti di custodia , chi come educatori, chi come operatori vari del carcere. Ha inoltre invitato a «Non dimenticare mai che nel cuore di ciascun uomo c’è sempre un piccolo germoglio di bene che per vari motivi molte volte si inaridisce e non fiorisce affatto. Siete chiamati a custodire questi germoglio di bene e a farlo crescere, non arrendendosi alle prime difficoltà. Si tratta di partire dalle piccole cose come uno sguardo diverso dal solito da parte di un fratello carcerato che potrebbe rappresentare un atteggiamento di disponibilità ad un possibile cambiamento. Cercate quel germoglio e affidatelo alla Grazia di Dio anche attraverso la Preghiera.»
Ai detenuti: «Non dubitate di voi stessi»
Successivamente mons. Lamba si è recato a far visita ai reclusi del 41bis e, ancora, al gruppo di detenuti che lo attendevano nella Cappella interna del carcere. Un applauso scrosciante quello riservato al presule da parte che i detenuti nel momento del suo ingresso in chiesa. Si percepiva il clima di grande attesa e speranza per la visita di questo nuovo Pastore della Chiesa di Udine.
Nell’incontro, molto cordiale e semplice, l’arcivescovo Riccardo si è rivolto ai detenuti affermando che «Prima di tutto dovete crederci voi. Molte volte si è portati a dubitare addirittura di se stessi, alle volte penso che anche a voi capiti di dire “io sono fatto così”, ma dobbiamo dirci che ognuno di noi può essere diverso da così! Questo passa attraverso piccoli gesti quali per esempio il tono di voce, lasciando parlare l’altro, fare qualche gentilezza tra compagni di cella o di reparto. E non abbiate mai paura di vergognarvi nei momenti di smarrimento o quando fate degli sbagli.»
«La vera dignità – ha detto il Vescovo – si dimostra quando si è capaci di alzarsi e riconoscere di aver sbagliato chiedendo la comprensione e il perdono. Chi di noi non sbaglia? Importante è fermarsi e chiedere perdono, chiedendo questo a Gesù come ha fatto il buon ladrone sulla Croce, perché da questo vostro dolore, da questa vostra sofferenza egli faccia rinascere una Vita nuova.»
«Gesù – ha concluso – non confonde mai il tradimento con il traditore, il male con chi lo compie. Ho scelto per questo di venire qui da voi in carcere a Tolmezzo all’inizio del mio ministero episcopale perché credo che in ogni essere umano è nascosta una perla che può emergere solo se noi lo desideriamo e la cerchiamo».
La visita si è conclusa con una preghiera finale e la sua Benedizione.
Bruno Temil