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Cultura

Morte e morire che non si vogliono più vedere

“Dolore, sofferenza e morte nelle culture contemporanee” al centro della tre giorni di Issr e Scuola cattolica di cultura, da mercoledì 11 a venerdì 13 maggio a Udine. Ospiti Fabrizio Turoldo, Franco Fabbro e Riccardo Battocchio.

«Dolore, sofferenza e morte nelle culture contemporanee» è il titolo del convegno promosso dalla Scuola Cattolica di Cultura di Udine – in collaborazione con l’Istituto superiore di Scienze religiose “Alfredo Battisti” e con il sostegno del Movimento ecclesiale di impegno culturale –  che si terrà da mercoledì 11 a venerdì 13 maggio a Udine nel Centro culturale Paolino d’Aquileia in via Treppo 5/b a Udine con inizio alle ore 17.30.

Mercoledì 11 maggio Fabrizio Turoldo, docente di Filosofia morale all’Università Ca’ Foscari di Venezia, interverrà su «La morte ed il morire nell’era della tecnica biomedica nuovi interrogativi etici e possibili risposte». Franco Fabbro, professore ordinario di Neuropsichiatria infantile dell’Università di Udine, giovedì 12 maggio terrà una lezione su «Il dolore e la sofferenza alla luce delle neuroscienze». A chiudere la «tre giorni» venerdì 13 maggio sarà Riccardo Battocchio, professore straordinario di Teologia dogmatica alla Facoltà Teologica del Triveneto – Padova, che interverrà su «Parlare di Dio nel morire dell’uomo. La teologia e le domande del tempo presente».

Gli incontri si struttureranno in due tempi: dalle ore 17.30 alle 19.00 relazione e dibattito, a seguire, dalle 19.30 alle 20.30, approfondimento in dialogo con gli studenti dell’?Istituto Superiore di Scienze Religiose “Alfredo Battisti” di Udine.

«Sofferenza, dolore e morte sono diventate “parole mute” – spiegano gli organizzatori dell’iniziativa -, svuotate progressivamente dal loro radicarsi nella storia di vita delle persone; è in atto una sorta di rimozione collettiva di queste dimensioni che paiono originare una paura impulsiva. Anche la spettacolarizzazione mediatica delle situazioni di difficoltà appartiene alla categoria della rimozione, nell’era della “dismisura”. Stiamo sperimentando il passaggio progressivo dall’umano al “post-umano” con l’avvento futuro di uomini bionici. Eppure nelle biografie personali e sociali sofferenza, dolore e morte sono cifre interpretative del vivere da risignificare nell’orizzonte di senso. Nell’età della “dismisura” tale percorso di riflessione ci aiuterebbe a liberarci dal preteso delirio di onnipotenza, rimandando al senso del limite ineluttabile della nostra esistenza da umanizzare». 

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