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Friuli Centrale

Mortegliano: all’opera per sanare le ferite del duomo

Il 24 luglio 2023 è una data scolpita nella storia del Friuli centrale. Scolpita, dicevamo, ma con scalpello di ghiaccio. Lo ricordiamo tutti: chicchi di grandine grossi come arance hanno squassato un’ampia fascia di territorio friulano, distruggendo tetti, colture, auto, impianti fotovoltaici, cappotti edili. Ovviamente nemmeno le chiese sono state risparmiate, con una “vittima” illustre: il duomo dei Santi Pietro e apostolo di Mortegliano, gioiello neogotico ottocentesco affiancato dal campanile più alto d’Italia. Il duomo è scrigno, peraltro, di un ulteriore gioiello d’arte: la pala d’altare di Giovanni Martini, provvidenzialmente preservata dalla grandine. Non così il duomo stesso: l’acqua filtrata dal tetto bucherellato ha causato l’inagibilità dell’edificio. Ma la popolazione e la Parrocchia non si sono perse d’animo: così quattrocentonovanta giorni dopo quel bombardamento di ghiaccio, sul Duomo di Mortegliano sono fiorite le gru. Lo scorso 25 novembre infatti, hanno preso il via i lavori ad altezze vertiginose. «Fin da subito abbiamo avviato una collaborazione con la Parrocchia per il restauro dell’intero duomo – ha detto l’arcivescovo mons. Riccardo Lamba durante l’ultimo sopralluogo, cui hanno preso parte anche il parroco mons. Giuseppe Faidutti, il sindaco Roberto Zuliani e il presidente della Fondazione Friuli Giuseppe Morandini –. L’intervento complessivo richiede impegno tecnico e anche diverso tempo, con risorse finanziarie per le quali abbiamo interessato la Conferenza Episcopale Italiana». Assieme alla Parrocchia, infatti, operano la Curia e la Soprintendenza.

La Fondazione Friuli “adotta” la Pala del Martini di Mortegliano

«La tempesta è stata una “sberla”: avevamo appena celebrato, nel 2020, il centenario della consacrazione del duomo. E ora si ricomincia da capo» ha spiegato il parroco, mons. Giuseppe Faidutti. Che poi si è addentrato nella spiegazione dei lavori: «Oggi ci sono due imprese all’opera. La prima lavorerà al tetto del presbiterio e della sagrestia, sistemando il tavolato in legno e apponendo guaine e rame. Va detto – prosegue il parroco – che la Soprintendenza ci ha aiutati con le tempistiche, gestendo la pratica in un solo mese». Il duomo ha forma ottagonale; sulla sommità dell’ottagono è all’opera la seconda ditta. «Lavora in quota liberando le gronde dalle macerie, anticipando il secondo lotto con tavolato e guaina», ha illustrato mons. Faidutti. Seguirà anche qui la realizzazione di una copertura in rame, a sostituzione di quella con i coppi. I lavori procederanno anche all’interno con la pulizia della muffa e dei residui delle infiltrazioni, oltre al posizionamento di una protezione alle travi per tutelare le persone dall’eventuale caduta di frammenti.

Il parroco di Mortegliano, mons. Giuseppe Faidutti, con l’arcivescovo mons. Riccardo Lamba

I numeri dell’opera sono impressionanti: 1.400 i metri quadrati del tetto, 4 milioni di euro la stima della spesa, 45 metri la lunghezza del braccio della gru, alta ben 55 metri. Per il completamento dei lavori sono previsti due anni. «Mortegliano non è una città grande, ha circa 4.000 abitanti – conclude il parroco –. Quale fede devono aver avuto i morteglianesi oltre cent’anni fa per realizzare un duomo così imponente!» Sarà significativo celebrare nuovamente nel rinnovato duomo proprio nel 2026, a distanza di cinquant’anni dal sisma in Friuli: quello di Mortegliano, infatti, è un cantiere simbolo di resilienza, di un Friuli capace ancora di rimboccarsi le maniche.

G.L.

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