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Commento al Vangelo

«Non hanno più vino»

Dal Vangelo secondo Giovanni
Gv 2,1-12

In quel tempo, vi fu una festa di nozze a Cana di Galilea e c’era la madre di Gesù. Fu invitato alle nozze anche Gesù con i suoi discepoli.
Venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: «Non hanno vino». E Gesù le rispose: «Donna, che vuoi da me? Non è ancora giunta la mia ora». Sua madre disse ai servitori: «Qualsiasi cosa vi dica, fatela».
Vi erano là sei anfore di pietra per la purificazione rituale dei Giudei, contenenti ciascuna da ottanta a centoventi litri. E Gesù disse loro: «Riempite d’acqua le anfore»; e le riempirono fino all’orlo. Disse loro di nuovo: «Ora prendetene e portatene a colui che dirige il banchetto». Ed essi gliene portarono.
Come ebbe assaggiato l’acqua diventata vino, colui che dirigeva il banchetto – il quale non sapeva da dove venisse, ma lo sapevano i servitori che avevano preso l’acqua – chiamò lo sposo e gli disse: «Tutti mettono in tavola il vino buono all’inizio e, quando si è già bevuto molto, quello meno buono. Tu invece hai tenuto da parte il vino buono finora».
Questo, a Cana di Galilea, fu l’inizio dei segni compiuti da Gesù; egli manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui.

Parola del Signore.

Commento al Vangelo del 19 gennaio 2025,
II domenica del Tempo ordinario (Anno C)

A cura di don Nicola Zignin

Gesù va a un matrimonio, è un matrimonio vero dove un ragazzo e una ragazza si promettono un dono reciproco e totale per tutta la vita. È un matrimonio preparato da tempo, perché tempo addietro i due ragazzi si sono piaciuti, fidanzati, immaginando un futuro insieme. È un matrimonio vero, perché coinvolge famiglie, amici, una comunità che supporta questo amore e dove il desiderio di sacrificarsi è unito alla gioia di morire per l’altro.
Se questo matrimonio è vero, è vera anche l’alleanza che Jahvè ha siglato con il suo popolo. Nel deserto e più volte nella storia, Dio e il suo popolo si sono promessi fedeltà e dono reciproco, Dio ha corteggiato con grande sollecitudine ed eleganza il suo popolo dando prova di fedeltà e di cura per Lui; e il popolo ha ricambiato questo con preghiere, riti e danze, immaginando un futuro insieme di letizia e di prosperità.

Avviene però che le promesse non sempre vengono mantenute, che lo slancio iniziale scema, contrastato da tentazioni e distrazioni, paure e illusioni, così gli anni del fidanzamento, del primo amore, diventano un ricordo; la vita appesantisce i rapporti, la compensazione degli idoli li uccide. E questo è vero nei matrimoni sia tra gli uomini, sia tra gli uomini e Dio; manca il vino, resta l’acqua che fa sopravvivere, e anche se l’alleanza in apparenza resiste, rimane vuota di gloria, ovvero vuota di significato.
Un cuore di Madre però veglia sulle nozze. Quante madri hanno salvato il matrimonio dei figli con la preghiera e la discrezione, non rivolgendosi alla coppia, salvo lo stretto necessario, ma con sollecitudine e fiducia rivolgendosi a Dio, al di sopra di ogni misura.
Come reagisce Dio a questi richiami? Lo fa vivendo il suo matrimonio per la coppia e per l’umanità; si dona al di là dei sentimenti, mostra che per quella coppia, che per l’umanità, è disposto a donare il sangue.

A Cana, il vino e il sangue si richiamano, l’amore passionale e il sacrificio diventano due lati della stessa moneta, perché l’amore di Dio non è un amore che prende con passione e pretende una risposta, ma un amore che si dona con passione e si apre gratuitamente a una risposta, per questo è in grado di risolvere anche le situazioni più disperate; e la madre è lì, a Cana come sotto la croce, vicina al suo figlio e in preghiera per noi.

L’anno del Giubileo è una grande occasione per tornare a dare slancio ai nostri matrimoni, per chiederci dov’è finita la gioia, la passione di un tempo, e non intendo solo nei rapporti tra sposi, ma anche nella nostra alleanza con Dio. Dov’è finita la gioia della prima comunione, la gioia della cresima, la gioia di una consacrazione, la gioia di un campo estivo, la gioia di un’amicizia storica, la gioia di una giornata in famiglia? Mentre ci facciamo la domanda, osserviamo Maria all’opera, che prega il suo Figlio che faccia qualcosa per noi, e poi il Figlio che attinge dal sacrificio della croce una nuova linfa, un nuovo nettare, molto migliore di quello che abbiamo bevuto in precedenza e ci porge la coppa; ce la porge non ce la impone. Da qui la domanda: siamo disposti ad abbeverarci alle fonti della salvezza, a livello personale, di coppia, di comunità?
Si può iniziare a rispondere “sì” riempiendo le nostre anfore d’acqua, preparando il cuore perché Gesù lo trasformi, che in maniera pratica si può tradurre nel compiere le opere per ottenere l’indulgenza in questo Giubileo: il pellegrinaggio, la penitenza e la carità. Pratiche alla portata di tutti, semplici come l’acqua, da cui Gesù può far sgorgare un vino che non abbiamo mai assaggiato né fatto assaggiare.
don Nicola Zignin

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