Il 2025 è finalmente qui e con sé porta un evento straordinario, attesissimo: «Go!2025». Da sabato 8 febbraio, infatti, Nova Gorica e Gorizia saranno – insieme e per un anno – la prima Capitale europea transfrontaliera della Cultura. Quella che dal 1947 al 2004 è stata una ferita aperta, un confine tassello della “cortina di ferro”, oggi è dunque (proprio in forza di quella storia tanto complessa e tanto dolorosa) una possibilità di crescita comune, di sviluppo condiviso. L’occasione insomma per andare definitivamente oltre a quel confine.
Innumerevoli gli eventi in programma, ma significativa è anche la trasformazione delle due città. Sono infatti tanti i cantieri aperti e i progetti a cui si lavora alacremente ormai da tempo. «Siamo al giro di boa!» sono le prime parole che, sorridendo, ci dice in proposito Romina Kocina, direttrice del Gect Go, il Gruppo Europeo di Cooperazione Territoriale fondato dai Comuni di Gorizia, Nova Gorica e Šempeter-Vrtojba nel 2011. Proprio questo ente – potendo agire direttamente sia in Italia che in Slovenia per realizzare progetti comuni – è stato scelto per la realizzazione di «Go!2025».
Direttrice Kocina, manca appena un mese al “grande giorno”, a che punto siamo?
«Abbiamo ormai in gran parte definito il calendario degli eventi di questo 2025. È importante sottolineare come, oltre alle iniziative del programma “ufficiale”, se ne siano aggiunte numerose altre collaterali che coinvolgeranno tutto il territorio transfrontaliero, uscendo così da Gorizia e Nova Gorica, sempre però con il cappello di “Go!2025”. Del resto, sin dall’inizio, tra i nostri obiettivi c’è stato quello di portare “Gorizia fuori dal goriziano” (e viceversa), proprio per far conoscere questa nostra storia di confine che tanto ci contraddistingue».
Per far conoscere questa storia è stata per altro riscoperta, valorizzata e rinnovata anche la rete museale di confine, fatta di realtà particolari e interessantissime come, solo per citarne una, il “Museo del Contrabbando”.
«Esattamente. Mostre e musei, se vogliamo, rappresentano un modo classico per conoscere la storia di un territorio. In questo caso però, vuoi per le loro location decisamente particolari o per i materiali (anche multimediali) che custodiscono, parliamo di realtà davvero uniche come la storia che raccontano e che ci caratterizza. Penso alla collezione del Museo Miren, a Merna, collocata all’interno dell’omonimo cimitero che nel 1947 venne attraversato dalla linea di confine».
Dei piccoli gioielli che spesso nemmeno chi abita questo territorio conosce davvero…
«Proprio così, e il bello di “Go!2025” sta anche in questa riscoperta delle nostre radici. Sono certa che il visitatore più curioso e attento è proprio in questi luoghi che andrà in cerca della nostra storia di confine».
Accanto a queste “chicche” ci sono poi i grandi eventi, i concerti e le mostre.
«Sì, ad esempio da poche settimane abbiamo inaugurato a Gorizia la mostra “Andy Warhol. Beyond Borders” (visitabile fino al 4 maggio, ndr). Attraverso questi grandi nomi internazionali vogliamo uscire dal “locale” affinché si faccia promozione del territorio, per raggiungere così un pubblico più vasto che, attratto da una mostra di questo tipo, avrà anche l’occasione di approfondire la conoscenza di Gorizia e Nova Gorica».
Guardando un po’ più in là, quanto l’organizzazione di questo anno straordinario è stata una palestra di cooperazione transfrontaliera?
«Il Gect, com’è noto, lavora in ambito di cooperazione transfrontaliera europea ormai da parecchio tempo. Indubbiamente però questo progetto ci ha messo alla prova per la sua intensità e complessità. Lavorare infatti sul “transfrontaliero in senso stretto”, avendo a che fare dunque con le normative e le burocrazie di due stati diversi, ha rappresentato qualcosa di molto importante, tanto da aprirci le porte per nuovi approfondimenti e studi per migliorare sempre di più questa collaborazione. Insomma, abbiamo davvero scoperto – e lo dico in senso positivo – delle differenze, oltre che linguistiche, anche culturali che solo lavorando a stretto contatto con i colleghi è stato possibile cogliere. Attraverso questa reciproca comprensione abbiamo ora la possibilità di crescere e guardare al futuro».
L’intervista completa, a cura di Anna Piuzzi, è disponibile sull’edizione de La Vita Cattolica del 1° gennaio 2025.