Anche quest’anno, il Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università degli Studi di Trieste è presente ad Aquileia con la sua équipe nell’area prospiciente via Gemina, affidata in concessione di scavo dal Ministero della Cultura – Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio del Friuli Venezia Giulia, e tra quelle conferite alla Fondazione Aquileia.
Gli obiettivi principali della XIX campagna di scavo dell’Ateneo giuliano sono stati individuati, da un lato, nella verifica della suddivisione originaria dell’insula, dall’altro, nella comprensione del rapporto stratigrafico e funzionale tra la Casa dei putti danzanti e le strutture rinvenute nella stessa insula in anni passati, in particolare del complesso abitativo messo in luce da Giovanni Brusin negli scavi degli anni Trenta del Novecento (Casa del Fondo Ritter-Zàhony) e quindi reinterrato. Grazie alle indagini dell’Università di Trieste è stato possibile riscoprire una serie di ambienti che per caratteristiche e dimensioni sono pertinenti proprio a quelli individuati nel secolo scorso da Brusin, offrendo, così, importanti dati per la ricerca scientifica.
Le scoperte
La prima novità è di carattere topografico perché si è offerta la possibilità di georeferenziare scavi importanti effettuati in passato e di verificare l’effettiva corrispondenza tra resti archeologici e dati d’archivio (piante, foto, disegni, etc.). La seconda riguarda la cronologia proposta per alcuni pavimenti musivi, datati fino ad oggi, in assenza di dati di contesto, sull’analisi stilistico tipologica. Nuove proposte di datazione possono essere ora avanzate su basi stratigrafiche e sull’associazione con i materiali rinvenuti. Un ulteriore fondamentale risultato è stato quello di poter “collegare” i resti individuati negli anni Trenta con quelli della Casa dei putti danzanti, della quale, con molta probabilità, costituivano, a seguito di interventi di restauro e rifunzionalizzazione, un settore di rappresentanza. L’estensione della Casa dei putti danzanti, di cui non si è ancora trovato il limite, si conferma imponente e molto probabilmente interessa l’intero quartiere.
Un altro intervento di grande importanza è stato effettuato all’interno di un ambiente scoperto, forse destinato a giardino, dove, grazie all’assenza di pavimenti musivi, è stato possibile scendere in profondità ed intercettare, a più di un metro dal piano di calpestio, e sotto un riporto in argilla, un piano in cocciopesto la cui cronologia è ancora in fase di definizione, ma verosimilmente anteriore alla metà del I secolo d.C. Proprio dallo scavo in questa zona, è stato possibile recuperare una pregevole statuetta in marmo raffigurante Dioniso, rara testimonianza dell’arredo scultoreo di questa Casa tarda antica che continua a offrire importanti risultati.
L’insula della Casa dei putti danzanti in epoca romana
L’insula oggetto d’indagine, la seconda a nord-est del foro, era parte dell’originaria pianificazione urbana di Aquileia, concordemente considerata unitaria e coerente con la centuriazione del territorio coloniale. L’area si connotava per la centralità rispetto al cuore politico e commerciale della colonia e alla rete di comunicazioni d’acqua e di terra interne ed esterne all’abitato. All’interno dell’insula, senza apparente soluzione di continuità, si estendeva una vasta e lussuosa residenza tardo antica, nota come Casa dei putti danzanti, che fin dal primo impianto (metà del IV secolo d.C.) aveva occupato l’intero quartiere, inglobando spazi in precedenza destinati a diversa funzione.
Gli Open day del cantiere di scavo
La diffusione dei significativi dati scoperti negli anni in questo sito è possibile anche grazie alle aperture straordinarie dei cantieri di scavo, organizzate dalla Fondazione Aquileia in collaborazione con la Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio del Friuli Venezia Giulia, in occasione delle Giornate Europee dell’Archeologia, svoltesi quest’anno il 13, 14 e 15 giugno, e delle prossime Giornate Europee del Patrimonio (28 e 29 settembre). Questi appuntamenti, come tutte le altre iniziative di archeologia pubblica sostenute dall’Università di Trieste nel cantiere di scavo di Aquileia, costituiscono un’opportunità di condivisione del patrimonio archeologico e contribuiscono al rafforzamento del valore lasciato dalle tracce del passato come bene comune.