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«Padre, grazie. Ho ritrovato la pace». La testimonianza di fra Felice Pol, confessore a Gemona

«Padre, ha un po’ di tempo?». «Tutto il tempo che serve». Fra Felice accoglie così, braccia allargate e sorriso aperto, le persone che si accostano al confessionale, nel santuario di Sant’Antonio a Gemona. Lo sa bene che da più di qualcuno il sacramento della Riconciliazione è vissuto con una certa apprensione: «“Chissà che frate trovo, chissà cosa mi dice…”, pensano». Ma quando si sentono accolti benevolmente tutto cambia: la paura e l’apprensione svaniscono e inizia un dialogo. E a chi ritorna dopo anni con un po’ di preoccupazione, il frate risponde: «Non temere, non sei tu che hai aspettato, è il Signore che ti ha aspettato fino ad oggi, devi esserne felice».

«Non è un elenco della spesa»

«Fermo, fermo, non siamo qui per fare l’elenco della spesa», li frena talvolta il frate. Quali motivi hai per ringraziare il Signore? Partiamo dalla prima ragione per cui sei qui; poi, certamente, ci sono i nostri limiti, le nostre pochezze. Siamo povere creature, ma questo non deve scoraggiarci».

78 anni, originario di Nervesa della Battaglia (Treviso), padre Felice Pol ha alle spalle una lunga esperienza come confessore: «47 anni! In vari santuari, ma anche con i giovani e come cappellano in carcere», racconta alla Vita Cattolica e Radio Spazio. Anni che hanno mostrato un calo numerico di penitenti, certo, ma soprattutto un aumento della qualità delle confessioni, dice. «In passato la confessione era spesso “spinta” da una tradizione, una tradizione buona e santa, beninteso. Oggi chi viene a confessarsi lo fa perché avverte il bisogno di una verifica più profonda e di un rapporto diretto, personale, col Signore. C’è maggior consapevolezza e questo è prezioso. Nella società del mordi e fuggi, le persone sensibili sentono l’esigenza di rileggere il vissuto della propria vita alla luce della fede. In casi eccezionali proprio l’anno giubilare può far rifiorire la vita cristiana, il Giubileo è un’occasione preziosa, per vivere intensamente questi momenti di grazia».

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«A Gemona Sant’Antonio è vicino»

La comunità dei Frati minori di Gemona conta sette frati, di cui cinque sacerdoti. Negli orari di apertura della chiesa giubilare (dalle 7 alle 12 e dalle 15 alle 18.30) uno di loro è sempre disponibile per le confessioni. Fra Felice è arrivato al Santuario di Sant’Antonio un anno e mezzo fa, ma il suo è un ritorno, dopo molti anni. «Era il tempo della mia formazione, prima ancora del terremoto. Da allora le cose sono molto cambiate – osserva –, ma questo santuario è restato un punto di riferimento. Qui Sant’Antonio non è “da Padova”, ma “Sant’Antoni di Glemone”. È il nostro santo e il santuario è “casa”, un luogo familiare. Io amo ripetere che Sant’Antonio non è lontano, non è avulso dai problemi e dalle difficoltà che tutti noi possiamo incontrare nel quotidiano». Forse proprio per questo tanti friulani scelgono proprio il santuario gemonese per ricevere il sacramento della Riconciliazione.

Il santuario giubilare di Sant’Antonio a Gemona

«Vedo che nelle persone non c’è routine o superficialità – osserva fra Felice –, ma proprio il desiderio di vivere un momento di grazia. E questo è bello, davvero stupendo! È da questi momenti che talvolta riparte tutto, da una riconciliazione con il proprio vissuto, con il Signore, con i fratelli. E quando ciò accade è commovente. Lì ci si rende conto che solo lo Spirito Santo fa queste cose».

«Non di rado le persone escono commosse dal confessionale. “Padre, grazie, mi ha dato la pace”», ripetono. «Non ringrazi me – risponde loro padre Felice –, ringraziamo il Signore che ha lavorato nel suo cuore e lei stesso che ha saputo accogliere quest’opportunità. È la mano del Signore che opera meraviglie nel cuore dell’uomo».

Valentina Zanella

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