«Il Mediterrano, il “mare nostrum”, luogo di comunicazione fra popoli e civiltà, è diventato un cimitero. E la tragedia è che molti, la maggior parte di questi morti, potevano essere salvati. Bisogna dirlo con chiarezza: c’è chi opera sistematicamente e con ogni mezzo per respingere i migranti. E questo, quando è fatto con coscienza e responsabilità, è un peccato grave». Parole nette quelle usate da Papa Francesco durante l’udienza generale di mercoledì 28 agosto.
Parole che giungono a nemmeno 48 ore dal fermo amministrativo di 60 giorni in porto che – attraverso il decreto Piantedosi – ha colpito Geobarents, la nave di salvataggio di Medici Senza Frontiere. Nelle stesse ore a «Life support» – nave di Emergency che tra lunedì 26 e martedì 27 agosto aveva effettuato due soccorsi in zona Sar maltese – è stato assegnato come porto di sbarco (dopo un passaggio a Lampedusa) il lontanissimo porto di Ravenna. I 169 naufraghi – provenienti da Bangladesh, Egitto, Libano, Nigeria, Pakistan, Siria e territori palestinesi, di cui 4 donne e 8 minori – dovranno dunque sopportare inutilmente altri 4 giorni di navigazione.
«Anche alcuni deserti, purtroppo, diventano cimiteri di migranti. E pure qui spesso non si tratta di morti “naturali”. No. A volte nel deserto ce li hanno portati e abbandonati. Nell’epoca dei satelliti e dei droni, ci sono uomini, donne e bambini migranti che nessuno deve vedere. Solo Dio li vede e ascolta il loro grido. E questa è una crudeltà della nostra civiltà» ha aggiunto Francesco, citando anche le foto di migranti morti lungo il loro cammino.
«Su una cosa potremmo essere tutti d’accordo – ha sottolineato il Papa –: in quei mari e in quei deserti mortali, i migranti di oggi non dovrebbero esserci. Ma non è attraverso leggi più restrittive, non è con la militarizzazione delle frontiere, non è con i respingimenti che otterremo questo risultato. Lo otterremo invece ampliando le vie di accesso sicure e regolari per i migranti, facilitando il rifugio per chi scappa da guerre, violenze, persecuzioni e da varie calamità; lo otterremo favorendo in ogni modo una governance globale delle migrazioni fondata sulla giustizia, sulla fratellanza e sulla solidarietà».
Il Pontefice ha concluso «riconoscendo e lodando l’impegno di tanti buoni samaritani, che si prodigano per soccorrere e salvare i migranti feriti e abbandonati sulle rotte di disperata speranza, nei cinque continenti». «Questi uomini e donne coraggiosi sono segno di una umanità che non si lascia contagiare dalla cattiva cultura dell’indifferenza e dello scarto – ha osservato –. E chi non può stare come loro “in prima linea”, non per questo è escluso da tale lotta di civiltà: ci sono tanti modi di dare il proprio contributo, primo fra tutti la preghiera». Pensando a chi sta “in prima linea”, il Papa ha citato Mediterranea Saving Humans che sempre nella notte tra il 26 e 27 luglio con la Mare Jonio ha messo in salvo 182 persone e il cui “armatore sociale” – come ama definirsi – è il triestino Alessandro Metz.
Anna Piuzzi