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Sociale

Povertà in aumento. Raddoppiano gli accessi alla mensa diocesana

È praticamente raddoppiato – in appena un anno – il numero delle persone che hanno usufruito della mensa diocesana «La Gracie di Diu»: nel 2023 sono state infatti 1.617, ben 755 in più rispetto al 2022. Non solo. Sono in aumento anche le accoglienze all’asilo notturno «Il Fogolâr»: 44 in più rispetto al 2022, arrivando a quota 188. Quasi triplicati inoltre i contatti dell’équipe di strada, il servizio Caritas che effettua uscite diurne e serali sul territorio: le persone senza dimora incontrate sono state 737, l’anno prima erano 282. Sono questi solo alcuni degli allarmanti numeri snocciolati, martedì 9 luglio, durante la conferenza stampa di presentazione dei bilanci 2023 del Centro Caritas della Diocesi di Udine, dell’Opera diocesana «Casa Betania» e del Centro missionario diocesano.

Accanto al fare, all’operosità quotidiana, viene dunque messa in campo anche un’analisi puntuale degli interventi, per dar conto certo del proprio operato, ma anche per monitorare «le dinamiche sociali e ad orientare di conseguenza il servizio di carità nel cuore delle povertà, tanto tradizionali quanto nuove, che vivono le persone e le famiglie» ha evidenziato il direttore della Caritas diocesana di Udine, don Luigi Gloazzo. Uno sguardo fondamentale quello offerto dalle équipe di operatori e di volontari – raccolto in maniera sistematica dall’Osservatorio sulle povertà e risorse – a servizio anche delle istituzioni del territorio per la costruzione di risposte efficaci ai bisogni emergenti.

Mons. Lamba: «Povertà in aumento»

«Qui come altrove è in aumento la popolazione che si trova in difficoltà – ha evidenziato l’arcivescovo di Udine, mons. Riccardo Lamba –: è questo un fatto oggettivo, lo dicono in maniera incontrovertibile i numeri. È poi importante sottolineare che le povertà sono tante, c’è ad esempio quella educativa che riguarda i nostri giovani a cui dobbiamo trasmettere motivazioni e competenze perché possano spendersi anche a favore della comunità. C’è la povertà degli anziani, sempre più soli. E c’è il tema dell’accoglienza delle persone migranti che è questione complessa che non può essere affrontata con soluzioni facili, di pancia.

Accanto alle risposte ai tanti che in Friuli sono solo in transito, servono infatti progettualità di medio e lungo periodo dedicate a quanti scelgono di fermarsi sul territorio, che favoriscano dunque l’integrazione attraverso l’insegnamento della lingua italiana e percorsi di inserimento sociale. E serve vigilare sul lavoro perché non attecchiscano anche qui condizioni disumane di sfruttamento». Mons. Lamba ha poi sottolineato l’importanza della collaborazione con le istituzioni del territorio «per dare risposte corali e avere la forza di riattualizzarle costantemente, di pari passo col mutare delle dinamiche sociali».

I Centri di ascolto

Ma torniamo ai numeri. Sono stabili quelli che riguardano il Centro di Ascolto diocesano che ha accolto 874 persone, per un totale di 2.106 colloqui e 2.227 interventi. Allargando lo sguardo, durante la conferenza stampa sono stati anticipati alcuni dati di prossima pubblicazione, riguardanti tutto il territorio della Diocesi (riferiti dunque agli undici Centri di ascolto). Le persone che si sono affacciate a questo servizio sono state 2.961: italiana, georgiana e bengalese le prime tre nazionalità. «La Caritas con i suoi centri di ascolto, con i diversi servizi come l’asilo notturno, la mensa, gli empori solidali e molto altro ancora – ha osservato don Luigi Gloazzo – è in qualche modo un avamposto nella società. Le persone che incontriamo non sono utenti, ma fratelli e sorelle che vivono una condizione di marginalità da cui è difficile uscire senza un accompagnamento reale. Il nostro impegno quotidiano si sostanzia proprio in questo accompagnamento e il nostro obiettivo è che anche i poveri concorrano alla costruzione della società».

324 le prese in carico di Casa Betania

Ad accendere i riflettori sulle gravi marginalità è stato Raffale Fabris, coordinatore dell’Opera diocesana «Casa Betania». «Anche i nostri numeri sono in costante aumento – ha osservato Fabris –; siamo passati dalle 214 prese in carico del 2020 alle 324 del 2023, solo nell’ultimo anno l’aumento è stato quasi del 30%». Nel dettaglio le persone in percorsi di accoglienza sono 166, mentre quelle inserite in percorsi di accompagnamento educativo sono 75 (persone che hanno una propria risorsa abitativa anche se precaria, l’intervento è dunque volto al mantenimento delle autonomie che hanno raggiunto o strutturato pur vivendo situazioni di marginalità sociale). Infine le persone in carico al servizio «Grave marginalità» realizzato sul territorio dell’Ambito territoriale Friuli Centrale con il Centro Caritas sono state 83. «L’aumento ha un duplice risvolto – ha spiegato Fabris –, uno positivo perché vuol dire che i percorsi territoriali ci permettono di individualizzare le risposte che costruiamo per le persone insieme ai servizi sociali e ai servizi specialistici. Quello negativo è che tale aumento di prese in carico deriva anche dall’incremento di interventi di emergenza, di pronto intervento sociale, che spesso si soffermano quindi sul sintomo emergente e non affrontano le problematiche radicali delle persone, senza costruire dunque percorsi di medio e lungo periodo».

Fondamentale su questo fronte l’avvio di tavoli di co-progettazione con le istituzioni del territorio e con le realtà che vi operano: «Il welfare nel nostro Paese, ma più in generale in Europa – ha evidenziato Fabris – si sta orientando su un modello comunitario, generativo, in cui i diversi soggetti della rete sociale (istituzioni, terzo settore e cittadini) sono chiamati a partecipare corresponsabilmente ai percorsi di presa in carico e di cura delle persone. Per questo Betania insieme a Caritas sta partecipando a numerosi tavoli di co-progettazione insieme ai Servizi sociali, alla Regione, all’Azienda sanitaria. Crediamo che questa strategia, questa metodologia di intervento sia un’occasione anche per rispondere alla crisi di partecipazione e alle difficoltà che le nostre comunità territoriali vivono nell’occuparsi delle situazioni di fragilità».

Anna Piuzzi

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