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Chiesa

Rajič: «Non avere paura del diverso». Intervista col nunzio apostolico che ha imposto il pallio su mons. Lamba

«Coltivare una cultura di pace. Di tolleranza. Di rispetto verso chi è diverso da noi». È il messaggio che mons. Petar Rajič lascia ai friulani con la sua visita a Udine, dove sabato 19 ottobre ha imposto il pallio sulle spalle dell’arcivescovo metropolita mons. Riccardo Lamba.
Dal marzo scorso Rajič è nunzio apostolico in Italia e nella Repubblica di San Marino. Nato a Toronto il 12 giugno 1959 da genitori bosniaco-croati, è prete dal 29 giugno 1987. Dopo essere entrato nel servizio diplomatico della Santa Sede, dal 1993 ha prestato la propria opera in varie rappresentanze pontificie (Iran e Lituania, ad esempio). Il 2 dicembre 2009 Benedetto XVI lo nomina nunzio in Kuwait, Bahrein e Qatar e delegato apostolico nella Penisola Arabica. Nel 2015 è passato in Angola e Sao Tomè e Principe. Nel 2019 è stato trasferito alla nunziatura apostolica in Lituania e successivamente in Estonia e Lettonia. A “la Vita Cattolica”, il nunzio affida le sue riflessioni sui tanti temi di stretta attualità in un’ampia intervista a  cura di Francesco Dal Mas pubblicata dal settimanale nell’edizione nr. 42 del 23 ottobre 2024.

Tra le altre cose, mons. Rajič afferma di aver trovato in Italia «una Chiesa molto viva, molto attiva. Nonostante il nostro mondo molto secolarizzato, e per aspetti anticristiano, c’è gente che davvero crede in Gesù Cristo. E che è il Signore Salvatore. Vogliono seguirlo nella loro vita. Ho trovato tanti cristiani che hanno una devozione filiale per il Santo Padre, pregano per lui e le sue intenzioni».

Vocazioni, la vera sfida

Mons. Rajič invita a pregare per le vocazioni. «È questa la vera sfida oggi – afferma –. In Italia ma non solo. Dirò di più: la pastorale vocazionale deve coinvolgere tutti quanti, non solo i sacerdoti e i vescovi, ma anche le famiglie. Dobbiamo incoraggiare i giovani a sposarsi, anzitutto. Occorre che incoraggiamo i giovani a non avere paura a contrarre matrimonio, ad avere figli, insomma a formare una famiglia. E poi educare i figli a crescere nella fede».

«Testimoniamo la nostra pace, che sia contagiosa!»

A proposito dei numerosi conflitti in corso, il nunzio apostolico sottolinea l’importanza di coltivare una cultura di pace. «Una cultura di tolleranza, cominciando dai nostri vicini. Pur rimanendo fedeli alla nostra storia, cultura, non dobbiamo avere paura di coloro che sono diversi da noi, magari di altre religioni. Dobbiamo nutrire il dovuto rispetto verso gli altri, riconoscendo a loro il diritto di esistere – nel loro Stato – e di vivere in pace. Dobbiamo testimoniare con i nostri comportamenti, anche come cristiani, che la nostra pace, il nostro modello di vita sono contagiosi. Dobbiamo suscitare un clima in cui non trovino spazio desideri di supremazia, di aggressione, di violenza».

Con i migranti un cuore aperto

Mons. Rajič risponde anche a una domanda sui migranti, affermando che «Sono popoli in continuo movimento. Come dice il Papa, dobbiamo essere aperti con coloro che sono costretti a lasciare le loro terre non per invaderne altre, ma per motivi di povertà, di discriminazione, di persecuzione. Nei confronti dei migranti dobbiamo avere un cuore aperto, di comprensione. Non dobbiamo respingerli, magari subito, perché sono diversi da noi. Abbiamo il dovere di promuovere una cultura delle porte aperte, come tra l’altro ha detto il Papa agli Arcivescovi Metropoliti».

Verso il Giubileo, più genuini, autentici, coerenti, cristiani

L’anno giubilare ci chiama alla conversione. Da che cosa? «Anzitutto da una mentalità senza Dio – conclude il Nunzio –; dal poter vivere in un mondo senza la presenza di Dio. La conversione, dunque, dal peccato, da una vita disordinata, inquieta. Dobbiamo ritornare a Dio cercando di purificare i nostri cuori, la nostra mente, tutto ciò che non è verità, non è giustizia, non è pace. Se siamo persone di verità, di giustizia e di pace già siamo sulla strada della salvezza. Il Giubileo, quindi, come processo di purificazione di noi stessi: per essere genuini, autentici, coerenti, cristiani».

L’intervista completa si può leggere sulla Vita Cattolica del 23 ottobre 2024

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