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Salute di Papa Francesco. «Qui a Roma la preoccupazione è vissuta in modo molto sereno»

«Qui a Roma, tutta la città è protesa verso il policlinico “Gemelli”, dove ogni giorno non mancano fiori, disegni dei bambini e iniziative di preghiera spontanea». Francisco Garzon Medina, 27 anni, è un giovane seminarista dell’Arcidiocesi di Udine che quest’anno vive e studia alla Pontificia Università Gregoriana, a Roma. È lui a raccontarci in che modo la città eterna sta vivendo questi giorni di apprensione e di preghiera per la salute di Papa Francesco. «Nelle singole Messe c’è un’intenzione privilegiata di preghiera per la salute del Papa», spiega. «La settimana scorsa prima delle celebrazioni dovunque si è pregato con l’adorazione eucaristica».

Francisco vive nella Parrocchia di San Giuseppe Cottolengo, nella zona Aurelia. Sono appena 500 metri in linea d’aria dalle mura leonine del Vaticano. «C’è una cosa che mi preme dire, ed è una cosa molto bella», afferma. «Qui la tensione per la salute del Papa è vissuta in modo molto cristiano. Senza, cioè, quel clima di paura o quell’atteggiamento morboso che potrebbe verificarsi. No: lo spirito è quello del sostegno e della vicinanza. È un clima che si respira nella metropolitana come nelle Parrocchie». Francisco descrive una città che si mobilita con ferma delicatezza per il suo Vescovo, con la consapevolezza che si tratta di un Vescovo tutto particolare e l’intima cautela, un vero e proprio senso di carità, dovuta a un contesto sanitario in cui non si sa cosa può riservare ogni giorno. «Non è così solo qui a Roma – incalza Garzon Medina –, ma nella Chiesa intera. Tanto è vero che anche nella mia lontana Colombia c’è questo clima di attesa dei bollettini medici del Papa, con le notizie sulla sua salute».

Con la sua Parrocchia, Francisco ha aderito all’appello della Santa Sede, rilanciato dal Vicariato di Roma, di recarsi ogni sera alle 21 in Piazza San Pietro per la recita del Santo Rosario per il Papa. Un segno ulteriore in una città che, come afferma ancora Garzon Medina, «È ora affollata di pellegrini, un segno bello che fa vedere l’universalità della Chiesa. Ci sono anche molti turisti – afferma – che visitano la città per la sua storia, al di là del Giubileo. È bello vedere i gruppi di pellegrini attraversare le porte sante con la croce, le Parrocchie che aprono le porte ad accogliere i pellegrini, è proprio uno spirito cristiano che fa sentire a casa anche se si è lontani dalla propria terra». Tra accoglienza e accompagnamento, Roma insomma fa esperienza di grande misericordia. Proprio come da anni insegna il suo Vescovo di bianco vestito.

Giovanni Lesa

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