Il battere dei tamburi, le corde pizzicate delle chitarre, la melodia dei flauti che prende forma e si amalgama al resto. Gli sguardi complici di bambini, giovani e adulti che sorridono intonando insieme un canto, l’esitazione di un ragazzino che imbraccia per la prima volta un violino. Risate e applausi, balli, perfino un’orchestra. Riuscite ad immaginare tutto questo all’interno di un campo profughi in Libano? Eppure è quanto avviene, dal 2011, grazie al progetto Music&Resilience, supportato dall’associazione musicale toscana Prima Materia, che da dieci anni con i suoi volontari svolge attività didattiche di community music, musicoterapia e formazione per operatori sociali e insegnanti all’interno della comunità di profughi palestinesi in Libano. Ne fa parte anche una giovane friulana, Sara Tosolini, musicoterapeuta di Cavalicco di Tavagnacco, che venerdì 17 maggio nell’Oratorio di San Giovanni al Natisone (in via Roma 148) proverà a descrivere a parole e con immagini la sua esperienza. Si tratta di una serata aperta a tutti, che avrà inizio alle 20.30, organizzata da tante realtà insieme – le Collaborazioni pastorali di Buttrio e Manzano, le Parrocchie di San Giovanni al Natisone e Premariacco, i missionari Saveriani, il Gruppo ‘89 e Retesol con la collaborazione della Caritas diocesana e del Centro missionario diocesano – nell’ambito dell’itinerario “Percorsi di pace”, che culminerà in una veglia di preghiera il prossimo 29 giugno all’Abbazia di Rosazzo.
«Eppure riescono a sognare un futuro!»
Occhi che brillano, parole che faticano a fare sintesi di tante emozioni, Sara ha 28 anni e già da due partecipa ai progetti di Music&Resilience nei campi per rifugiati in Libano. Fin dalla sua prima volta è lì che ha lasciato il suo cuore. Prevalentemente l’operato dei volontari si concentra in un “Summer camp” di due settimane in tre diversi campi profughi – ha raccontato in un’intervista sulla Vita Cattolica del 15 maggio 2024 – dove vengono proposte varie attività: la musicoterapia, l’attività psicosociale con i bambini che si stanno avvicinando alla musica e la community music, che va da un primo avvicinamento agli strumenti fino all’apprendimento vero e proprio, per suonare insieme delle parti e costituire un’orchestra con la quale, al termine del campo estivo, realizzare un concerto. Alla full immersion musicale di quindici giorni segue, durante l’anno, uno scambio continuo con alcuni referenti e con gli insegnanti presenti nel campo. Un progetto riuscito? Di più. «I ragazzi ci dicono che il “Summer camp” è il momento che attendono di più in tutto l’anno – risponde entusiasta Sara –. L’edizione del 2022 ha coinvolto una trentina di persone, mentre lo scorso anno, tra bambini, ragazzi e noi volontari da tutta Italia, siamo arrivati ad una settantina. I componenti dell’orchestra per il concerto finale provenivano da sei diversi campi».
Sono quasi 480 mila i profughi palestinesi registrati in Libano, il 45 per cento di loro vive in dodici campi, in condizioni di estrema povertà e privazione. «Si tratta di luoghi creati nel 1948 come provvisori dalle autorità di sicurezza, che nel tempo sono diventati agglomerati stabili – ha raccontato ancora Sara –. Città nelle città, o più spesso ai loro margini, ma autogestite, senza le infrastrutture, i servizi e le strutture amministrative di una città». Luoghi che accolgono persone in fuga da paura, violenza, dolore. Campi dove grandi masse di persone vivono un’esistenza sospesa e dove i bambini crescono chiedendosi cosa li aspetterà, un giorno, fuori da lì. Luoghi dove non si conosce la parola libertà eppure dove in molti, soprattutto giovani, possono trovare nella musica un mezzo per riscattarsi.
Valentina Zanella