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Sei direttori di Consigli pastorali rileggono la Lettera pastorale dell’Arcivescovo

Sono passate alcune settimane dalla presentazione della Lettera pastorale «Volgiamo lo sguardo a Gesù Cristo, nostra speranza» che l’arcivescovo mons. Riccardo Lamba ha scritto e consegnato alla Chiesa udinese lo scorso 13 ottobre. In queste settimane i “libretti verdi” con il testo della Lettera sono arrivati in tutti gli angoli dell’Arcidiocesi, nei banchi in fondo alle chiese o nelle cartelline degli operatori pastorali. Quegli otto paragrafi sono stati meditati da molti, i libretti già sottolineati, scribacchiati, spiegazzati. C’è sete di qualcosa di buono, che dia speranza (come indica il titolo). Ma c’è anche sete di una parola autorevole che indichi una strada, confermando un cammino o suggerendo vie nuove.

I passaggi più significativi

Quella domenica pomeriggio, alla presentazione della Lettera, il testo è stato consegnato dall’Arcivescovo nelle mani dei direttori e delle direttrici del Consigli pastorali di Collaborazione (CPC). Un passaggio che ha colpito molti di loro è la continua necessità – richiamata dall’Arcivescovo – di alimentare la speranza con l’ascolto della Parola di Dio e la frequenza ai Sacramenti. «L’aspetto che mi colpisce di più è il legame tra speranza e Iniziazione cristiana» afferma Michele Armellini, direttore del CPC di Pagnacco e del Consiglio pastorale diocesano. «L’Arcivescovo ricorda che la Speranza che non delude nasce dal primo Sacramento, il Battesimo, e si alimenta sia con l’ascolto della Parola che con la grazia dei Sacramenti. Mi sembra che il legame sia chiaro – prosegue Armellini –, infatti ciò che muove i catechisti è l’amore, ciò che annunciano è la fede, ma lo stile è quello della speranza: essi gettano il buon seme con la generosità del seminatore della parabola». Sullo stesso passaggio si sofferma Mario Passon, direttore del CPC di Talmassons: «Per essere buoni operatori pastorali e cristiani è necessario questo ascolto della Parola di Dio. Nella seconda parte – aggiunge Passon – l’Arcivescovo parla di “speranza e cura della vita interiore”: il passaggio sull’adorazione eucaristica è significativo». «Sono diversi i passaggi che mi hanno colpito» ripete invece Piera Burba della CP di Rivignano, «Tutti riguardano come vivere la speranza facendo del nostro Battesimo il fondamento del legame con Cristo».

Parla da catechista, invece, Daniele Castellarin (CPC Latisana): «Nella catechesi possiamo davvero sottolineare la centralità dell’amore di Dio rivelato in Gesù e la speranza che sgorga dalla Pasqua. È bene coinvolgere le famiglie nella catechesi dell’iniziazione cristiana, perché scoprano la bellezza di essere parte viva della Chiesa».

Stefania Camana, direttrice del CPC di Udine sud-ovest, parla invece al plurale avendo raccolto le impressioni di diversi parrocchiani: «Ciò che ci ha colpiti è stato vedere nella Chiesa il luogo della speranza, del desiderio e dell’attesa del bene. Ogni tanto ci sfugge questa realtà, operando nella quotidianità non sempre vediamo nella Chiesa la prospettiva di futuro, del “non ancora”, della Risurrezione. Non c’è solo la Chiesa della “praticità”, vi si anticipa qualcosa che va oltre alla vita presente». Dall’altro capo della città, la CP di Udine sud-est ha recentemente vissuto un momento di condivisione del testo tra una cinquantina di operatori pastorali. Il direttore, Marco Bressan, concretizza a livello personale le esortazioni dell’Arcivescovo: «Mi è piaciuta tutta la Lettera, ma particolarmente la prima parte, più antropologica», afferma. «Leggendo le parole che esprimono la profonda fede dell’Arcivescovo mi sono sentito incoraggiato a proseguire il cammino di vita cristiana».

Mons. Lamba: «Cristo ci ama da sempre. Questo ci dona speranza»

Riscoprire la speranza in ciò che la Chiesa propone

Un cantiere di iniziative pastorali già avviate, ma che è urgente rimettere a fuoco con le lenti della speranza. Questo emerge chiedendo ai direttori di inquadrare un aspetto di concretezza che la Lettera di mons. Lamba – di per sé prodiga di inviti, suggerimenti, esortazioni – suggerisce ai propri territori. Molto esplicito, in questo senso, il pensiero di Michele Armellini: «Non si tratta di creare nuove iniziative – dice –, ma di dare il sapore della speranza in tutte le nostre cose, facendo sì che la fiducia nello Spirito Santo e nell’amore di Dio possano essere percepiti da tutti. Dico “tutti” perché la seconda parte della Lettera insiste sia su percorsi personalizzati, sia su cammini rivolti a tutti». Sulla stessa lunghezza d’onda Mario Passon: «La Lettera ci conferma come operatori pastorali della CP di Talmassons. Il testo sarà oggetto di studio nel nostro prossimo Consiglio pastorale, a novembre». Un indirizzo di conferma giunge anche dalla città. Dai quartieri più multietnici di Udine e dell’intero Friuli emergono le parole di Marco Bressan: «Come CP di Udine sud-est dobbiamo saper trasmettere la speranza anche agli “altri”: la fortuna di aver conosciuto Gesù Cristo è un’opportunità. Concretamente – afferma – si tratta di porre in essere opere-segno di speranza, in particolare nell’apertura all’altro, straniero o italiano, con un occhio attento alle povertà che ci circondano». Dall’altro capo, nei quartieri a ovest, Stefania Camana invita a trasfigurare ciò che già è avviato, sulla scia di quanto espresso da altri “colleghi”: «L’importanza della comunità, il coinvolgimento dei fedeli e delle famiglie, la preghiera e l’adorazione eucaristica, la formazione dei catechisti, le opere di carità: sono tutte cose che nella nostra CP di Udine sud-ovest abbiamo già avviato. Tutto questo ci induce a continuare su questo cammino, da sentire con maggior consapevolezza come cammino di speranza».

Ci sono, tuttavia, anche piccole ma significative novità che alcuni territori stanno progettando. Come nella CP di Latisana: «Leggendo la Lettera abbiamo colto l’ispirazione di un pellegrinaggio da Aquileia a Barbana» annuncia Daniele Castellarin. «E poi portare il tema della speranza senza farsi sopraffare da ciò che non funziona. La speranza vera non delude!». In sintonia con il “vicino di casa” è l’appello di Piera Burba: «Siamo chiamati a rendere visibile oggi il Regno di Dio, con urgenza», afferma la direttrice del CPC di Rivignano. «Il mandato missionario affidato a ognuno si realizza non solo con la testimonianza personale, ma anche – come nella nostra CP – coinvolgendo le famiglie sia nel percorso di iniziazione cristiana, sia nella formazione continua, dedicando maggior cura alla vita interiore».

Giovanni Lesa

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