Secondo la presidente della Regione sui social network non c’è alcuna forma di restrizione, nemmeno di fronte alle espressioni più pesanti e minacciose. La libertà di parola è divenuta licenza d’insulto.
In Turchia si va in carcere per una banale opinione, nella rete invece si possono augurare gli eventi più terribili alle persone in forme anche estremamente volgari senza incorrere in alcun problema. E’ la riflessione che la vice segretaria del Pd e presidente FVG Debora Serracchiani fa in una nota appena postata in Facebook sul suo profilo dal titolo “La giusta misura”. La riflessione parte dalla notizia diffusa oggi che il responsabile della mensa del quotidiano turco d’opposizione Cumhuriyet è stato arrestato con l’accusa d'”ingiura al capo dello stato” per aver detto che non servirebbe il tè al presidente Recep Tayyip Erdogan. “Se non ci fosse di mezzo lo stato di arresto di una persona, sembrerebbe una battuta – scrive Serracchiani – ai nostri tempi e in un Paese che abbiamo sempre considerato amico e aperto. Invece è il segno che i tempi cambiano, e non sempre all’insegna delle ‘magnifiche sorti e progressive'”. Se “in Turchia si può parlare sempre meno liberamente”, da “noi, sempre più spesso e anche da fonti istituzionali, si osserva quanto accade sui social network: non c’è alcuna forma di restrizione, nemmeno di fronte alle espressioni più pesanti e minacciose. La libertà di parola è divenuta licenza d’insulto”, puntualizza la vice segretaria Pd. Che indica: “La cura turca non mi pare davvero quella preferibile”. Tuttavia, si chiede, “può esistere un mondo virtuale – il web – in cui tutto è permesso? Soprattutto se da questo mondo parallelo sono frequenti le incursioni in quello reale, fatto di carne e duri spigoli”. Immediatamente ne discende “il dubbio su chi debba vigilare sul bon ton della rete. Siamo sicuri di voler affidare la nostra protezione a società private multinazionali? O preferiamo che sia un organo dello Stato (o della UE, o dell’ONU, fate voi) il concessionario dei privilegi del Grande Fratello? Non ho una risposta pronta – conclude Serracchiani – Ma ho un’urgenza: che in Turchia non si vada in carcere per un veniale reato d’opinione, e che nessuno possa impunemente augurare ad altri le peggiori cose su un profilo Facebook”.
Un post della presidente della Regione