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L'editoriale

Servizio civile che cambia la vita

C’è stato un momento, durante i miei studi di Architettura, in cui sentivo che qualcosa non quadrava. Sostenevo esami a fatica, avanzavo nel percorso lentamente, l’entusiasmo latitava. Faticavo a capire cosa mi piacesse davvero fare.

Le esperienze in parrocchia come animatrice erano le uniche che mi davano reale soddisfazione ed entusiasmo.

Fu quasi casuale quando accettai l’invito di un Salesiano della comunità “La Viarte” di Santa Maria la Longa a fare del volontariato.  Quel “sì” detto più per curiosità che per convinzione si trasformò presto nell’opportunità di un Servizio Civile Nazionale. Mi buttai, senza troppe aspettative, ma molto attratta da quella periferia esistenziale.

Mi ritrovai immersa in una realtà educativa intensa, con ragazzi che portavano sulle spalle storie pesanti, ferite profonde e comportamenti sfidanti. Eppure, col passare delle settimane, notai che in quel contesto riuscivo ad esprimere capacità che nemmeno sapevo di possedere.

Piano piano, ho iniziato a riconoscermi in quel ruolo educativo. Non era solo questione di competenze, ma di sintonia profonda con la missione educativa. Ho iniziato a dare concretezza ai valori in cui credevo. La solidarietà, la giustizia sociale, l’attenzione agli ultimi: concetti che rischiavano di rimanere astratti, hanno trovato nei volti dei ragazzi che ho incontrato una dimensione reale e tangibile. La mia fede ha acquistato sostanza attraverso gesti quotidiani di servizio e attenzione. Volevo – e voglio ancora oggi – “tirare fuori quel bene” di cui parlava Don Bosco, quel potenziale nascosto che ogni ragazzo porta dentro di sé, anche quando tutto sembra remare contro.

La decisione di lasciare Architettura non fu priva di dubbi. Significava abbandonare un percorso già avviato per intraprenderne uno completamente diverso, in un settore notoriamente difficile. Al termine del Servizio Civile arrivò l’assunzione a La Viarte. Chiusi i libri di Architettura senza rimpianti, per dedicarmi completamente al lavoro educativo.

Oggi, a 10 anni di distanza dal mio Servizio Civile, sono ancora impegnata in questo settore, nella stessa comunità. Non sono stati anni facili – il lavoro educativo è impegnativo, spesso sottopagato, a volte frustrante. Ci sono giorni in cui ti chiedi se stai davvero facendo la differenza.

Non idealizzo il mio lavoro. I risultati non sono immediati e i fallimenti fanno parte del percorso. Ma è un lavoro in cui posso essere autentica, in cui le mie capacità trovano piena espressione, in cui sento di essere esattamente dove dovrei essere.

Il Servizio Civile è stato il mio personale laboratorio vocazionale. Un tempo privilegiato in cui potermi sperimentare, sbagliare, imparare, crescere. Un anno in cui ho potuto testare sul campo se quella passione che sentivo sarebbe stata in grado di sostenere anche le inevitabili difficoltà e se quella che sentivo come un’attitudine potesse trasformarsi in professione.

A chi oggi esita di fronte alla scelta del Servizio Civile suggerisco di considerarlo non solo come un modo per aiutare gli altri, ma come un’opportunità concreta per mettersi alla prova in contesti reali. In un’epoca di percorsi sempre più teorici, un anno di immersione nella realtà può essere rivelatorio.

Non prometto che cambierà la vita di tutti come ha cambiato la mia. Ma sono convinta che possa essere il regalo più grande che fate a voi stessi: la possibilità di scoprire chi siete davvero e cosa volete fare della vostra vita, senza escludere il bagaglio esperienziale che riceverete e che vi darà una marcia in più in qualsiasi ambito.

Serena Concas

Educatrice

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