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Commento al Vangelo

Si meravigliava della loro incredulità

Dal Vangelo secondo Marco Mc 6, 1-6

In quel tempo, Gesù venne nella sua patria e i suoi discepoli lo seguirono.
Giunto il sabato, si mise a insegnare nella sinagoga. E molti, ascoltando, rimanevano stupiti e dicevano: «Da dove gli vengono queste cose? E che sapienza è quella che gli è stata data? E i prodigi come quelli compiuti dalle sue mani? Non è costui il falegname, il figlio di Maria, il fratello di Giacomo, di Ioses, di Giuda e di Simone? E le sue sorelle, non stanno qui da noi?». Ed era per loro motivo di scandalo.
Ma Gesù disse loro: «Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria, tra i suoi parenti e in casa sua». E lì non poteva compiere nessun prodigio, ma solo impose le mani a pochi malati e li guarì. E si meravigliava della loro incredulità.
Gesù percorreva i villaggi d’intorno, insegnando.

Parola del Signore

Commento al Vangelo del 7 luglio 2024,
XIV Domenica del Tempo ordinario

A cura di don Alberto Santi

don Alberto Paschini

Nel VII prefazio che può essere scelto per aprire la liturgia eucaristica delle domeniche del Tempo ordinario, viene affermato che «Nella tua misericordia hai tanto amato gli uomini / da mandare il tuo Figlio come Redentore / a condividere in tutto, fuorché nel peccato, / la nostra condizione umana». Questa preghiera da un lato mette chiaramente in luce come il Figlio di Dio, nel commovente mistero dell’incarnazione, ha assunto in sé tutto ciò che è proprio di noi uomini; dall’altro lato però specifica che egli non si è mai compromesso con il peccato. Così facendo, il Figlio di Dio ci ricorda che l’umanità porta in sé quella macchia che lo sporca, lo svilisce, lo abbassa, ma che Egli è venuto a cancellare definitivamente, poiché il peccato non fa veramente parte della natura dell’uomo. Ed è proprio questa mancanza di compromesso con il peccato che genera in Gesù una spiacevole meraviglia per l’incredulità dei suoi compaesani. Anche lui, in un certo senso, si scandalizza! Malgrado sappia che «un profeta non è disprezzato se non nella sua patria, tra i suoi parenti e in casa sua», tuttavia non si dà pace per la chiusura di cuore della gente tra cui è cresciuto e a cui vuole offrire la Parola della vita.

Invece la controparte, cioè la gente di Nazareth, si scandalizza proprio a causa di ciò che Gesù dice, poiché a causa di quelle parole non lo riconosce più. Sono convinti di sapere tutto di lui: il nome di sua madre e il lavoro di suo padre, le relazioni di parentela e l’indirizzo di casa sua. Le guarigioni che si diffondevano dalle mani di Gesù e le parole uscite dalla sua bocca che avevano il poter di riscaldare il cuore non potevano essere racchiuse nel faldone denominato “Gesù di Nazareth, il falegname” contenuto nell’archivio dei loro preconcetti e delle loro aspettative.

Quante volte anche noi ci comportiamo allo stesso modo, nei confronti di Dio e nei confronti dei fratelli! E quando viviamo così, quanto è difficile permettere alla Grazia di Dio di agire davanti a un pregiudizio! Perché esso è la superba convinzione di conoscere già, di sapere già, di non aspettarsi nulla se non ciò che si crede già di conoscere. Quando ci guidano i pregiudizi – e, a sostenerli, quindi la superbia – stiamo ponendo un ostacolo all’intervento di Dio che desidera, invece, plasmarci e modellarci cuore, mente e anima per assimilarci a lui. A Nazareth sarebbe stato inutile per Gesù continuare a operare: anche se avesse compiuto migliaia di guarigioni e avesse parlato per giorni e giorni del Regno di Dio, il cuore di quella gente non si sarebbe accorto che il vero segno era Lui stesso, Dio fatto uomo per poter entrare pienamente in relazione con noi uomini. Gesù è il più grande miracolo dell’universo: tutto l’amore di Dio racchiuso in un cuore umano, in un volto d’uomo perché anche il nostro cuore impari ad amare come ama Dio e i nostri occhi inizino a guardare come guarda Dio.

Se invochiamo da Dio nella preghiera la guarigione dalla superbia saremo in grado di avere questo sguardo diverso nelle persone che abbiamo accanto: sposo, sposa, figli, genitori, amici, colleghi di lavoro. Li tireremo fuori dalle tombe dove li hanno sepolti i nostri pregiudizi e li faremo rivivere in un’altra possibilità, in una relazione rinnovata e guidata dal Vangelo.

Così la pace potrà realizzare la sua opera sulla terra perché non partirà da traballanti accordi tra leader internazionali, ma dal cuore pacificato e rasserenato di ciascuno di noi, che diventerà finalmente capace di battere alla frequenza del cuore di Dio.
don Alberto Paschini

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