Dal Vangelo secondo Luca
Lc 3,15-16.21-22
In quel tempo, poiché il popolo era in attesa e tutti, riguardo a Giovanni, si domandavano in cuor loro se non fosse lui il Cristo, Giovanni rispose a tutti dicendo: «Io vi battezzo con acqua; ma viene colui che è più forte di me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco».
Ed ecco, mentre tutto il popolo veniva battezzato e Gesù, ricevuto anche lui il battesimo, stava in preghiera, il cielo si aprì e discese sopra di lui lo Spirito Santo in forma corporea, come una colomba, e venne una voce dal cielo: «Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento».
Parola del Signore.
Commento al Vangelo del 12 gennaio 2025,
Battesimo del Signore
A cura di don Alberto Santi
Nei giorni di Giovanni, il precursore, tutto il popolo era in attesa (Lc 3,15). Un tempo di attesa è un particolare momento in cui si percepisce la prossimità di qualche cosa, l’arrivo di qualcuno che porterà un cambiamento importante. Un tempo di attesa è un tempo di eccitazione; ogni cosa singolare viene vista come un segno, ogni persona un po’ più strana della media fa nascere l’interrogativo: «Sarà proprio lui?».
Ci sono però anche tempi da cui non ci si aspetta niente e nei quali nessun evento suscita entusiasmo. Forse il nostro è un tempo senza attese? E non sarà per questo che papa Francesco ha voluto dedicare un anno proprio alla speranza?
Abbiamo da pochi giorni aperto il Giubileo anche nella nostra diocesi e tutti siamo stati chiamati a metterci in cammino come “pellegrini di speranza” dentro le nostre comunità, tra le nostre case, nei luoghi di lavoro e di studio con la consapevolezza che è apparsa la grazia di Dio, che porta salvezza a tutti gli uomini (Tt 2,11).
Oggi si percepisce in molti una grande delusione seguita alle attese, piene appunto di speranza, che hanno caratterizzato gli anni conclusivi dello scorso secolo e il passaggio al nuovo millennio. Con onestà anche noi cristiani, seppur sottovoce, forse dobbiamo ammettere che pure nella Chiesa diverse attese si sono rilevate una delusione. Per una Chiesa che mostra segni di fatica e che in molti casi non riesce più ad intercettare ciò che sta a cuore agli uomini e alle donne di oggi. Una attenzione particolare va riservata ai tanti giovani che c’interpellano e chiedono a gran voce segni di speranza. Ma una Chiesa che apre il Giubileo non lo fa per rimpiangere un’epoca passata o per rincuorarsi contando le presenze ai grandi raduni ecclesiali. Al contrario, come popolo di Dio, siamo incoraggiati a raggiungere i nostri contemporanei, donne e uomini che incontriamo ogni giorno, ed annunciare loro le parole di speranza che lo Spirito vorrà suggerirci.
Proprio nel Vangelo che ascolteremo domenica prorompe lo Spirito Santo. Questo Spirito per noi cristiani tante volte è però un perfetto sconosciuto. Una occasione allora per approfondire a quello che professiamo ogni domenica: Credo nello Spirito Santo che è Signore e dà la vita. In queste parole è racchiuso l’essenziale della nostra fede nella terza persona della Trinità che il Padre ci comunica perché sostenga il nostro annuncio di speranza.
Nessuno ci chiede di essere voce di Dio che scende dall’alto con un effetto clamoroso e stupefacente, ma testimonianza gentile che con delicatezza e amabilità rivela: “Ecco, è nato per noi un Salvatore, il regno di Dio in mezzo a noi”. La speranza non delude e l’attesa plasma il nostro cammino cristiano.
Speranza e attesa: due aspetti non separati del Giubileo. La speranza è speranza affidabile solamente se in perenne attesa e l’attesa può essere davvero tale soltanto se nutrita da una forte e convinta speranza.
Conclude papa Francesco nella bolla di indizione del Giubileo, Spes non confundit: “Possa la forza della speranza riempire il nostro presente, nell’attesa fiduciosa del ritorno del Signore Gesù Cristo”.
Se ne faremo esperienza avrà senso questo Giubileo e in Dio non saremo delusi.
don Alberto Santi