Ampi corridoi, spazi luminosi, grandi finestre che si affacciano sul magnifico panorama collinare. «Le persone che arrivano qui sono abituate a vivere all’aperto, vedere le montagne è parte della cura», puntualizza il presidente dell’Opera Pia Coianiz, Giovanni Zuccolo. Nella grande struttura dell’azienda pubblica di servizi alla persona adagiata sul colle di Tarcento, dove terminano gli spazi della casa di riposo iniziano quelli del neonato “ospedale di comunità”, separati solo da una porta e con la grande sala per la fisioterapia in condivisione. La Vita Cattolica del 12 febbraio 2025 pubblica un servizio che accompagna i lettori all’interno dell’edificio, dove prestano servizio un medico, due fisioterapisti, 8 infermieri e 12 operatori sanitari assistono un massimo di 20 pazienti.
Inaugurato il 1° febbraio, l’ospedale di comunità di Tarcento è il primo a vedere la luce tra quelli previsti in regione dalla riforma dell’assistenza sanitaria territoriale e ha occupato gli spazi di quella che fino al 31 gennaio scorso era l’Rsa tarcentina. È in grado di accogliere persone che, dopo una dimissione ospedaliera, hanno bisogno di una prosecuzione delle terapie, ma anche persone che necessitano di attenzione infermieristica che non può essere data a domicilio. La segnalazione viene fatta sia dall’ospedale, sia dal medico di base, sia dal pronto soccorso.
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L’Opera Pia Coianiz «da decenni ha una funzione non solo assistenziale, ma anche sanitaria – ricorda il presidente Zuccolo –. La riforma sanitaria prevede che le Rsa rientrino all’interno delle strutture ospedaliere, quindi dal primo luglio 2024 la nostra RSA è stata in un primo momento ridotta da 33 a 20 posti, per poi essere trasformata, dal primo febbraio 2025, da Rsa a ospedale di comunità».
Non si chiama più Rsa?
«Non si chiama più Rsa?» chiede una signora su sedia a rotelle che incontriamo nel corridoio dell’ospedale. Lei è uno degli ultimi pazienti accolti con la formula della residenza sanitaria assistenziale, ci spiega la direttrice sanitaria, Giorgia Della Bianca. Terminate le cure, questi pazienti lasceranno progressivamente il posto ai nuovi ingressi, dell’ospedale di comunità, appunto. I primi due pazienti sono arrivati lunedì 3 febbraio: una signora e un signore anziani; entrambi dismessi dall’ospedale, prima del ricovero avevano un certo livello di autonomia ma l’hanno perduto. Entrambi sono stati subito inquadrati dal punto di vista medico e fisioterapico».
La differenza tra Rsa e ospedale di comunità a chi non ha competenze mediche può apparire sottile, ma non lo è, sottolinea Della Bianca. «L’ospedale di comunità permette di offrire al paziente un’assistenza più personalizzata». «E c’è anche il coinvolgimento della famiglia, in modo che il paziente, quando verrà dimesso, abbia un caregiver preparato ad assisterlo».
Pur ricordando che la decisione del taglio di posti letto all’Opera Pia è stata accolta con amarezza «sia dal personale che dalla struttura», la direttrice sanitaria non nasconde il suo entusiasmo per l’avvio del nuovo progetto. Di fronte alla necessità di una riorganizzazione «abbiamo cercato di trovare la soluzione migliore, e credo che ci siamo riusciti. Il lato positivo è che l’ospedale di comunità permetterà di offrire uno standard più alto». Soddisfatti anche il presidente Zuccolo e le vicepresidente Dorotea Zannini, che guardano anche al futuro: le idee riguardo all’Opera Pia Coianiz sono tante. Nell’immediato, «quello a cui stiamo pensando, insieme all’Ambito socio assistenziale – anticipano –, è un progetto che risponda all’esigenza dei cosiddetti “sollievi”, ovvero a quelle persone che hanno finito il loro percorso all’interno dell’ospedale di comunità, ma abbisognano ancora di un periodo di assistenza».
Il servizio completo si può leggere sulla Vita Cattolica del 12 febbraio 2025