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Terre rare, l’Europa finanzia un progetto con base a Udine per studiare come riciclarle

Ci chiediamo mai da dove arrivano gli elementi che costituiscono le batterie dei nostri cellulari e di tutti gli oggetti elettrici che abbiamo in casa? E i materiali che compongono i pannelli solari, le auto elettriche, le lampade ad alta efficienza e più in generale dei componenti che serviranno all’Europa per la tanto invocata transizione energetica? Da dove (e come) li otteniamo e soprattutto dove finiranno una volta esaurita la loro funzione? Riempiranno le nostre discariche o c’è modo di dar loro nuova vita?

È determinata a dar risposta a questi interrogativi Martina Sanadar, giovane dottoressa di ricerca dell’Università di Udine. E per farlo ha presentato – e vinto – un progetto per una prestigiosa borsa di ricerca biennale “Marie Curie”, di 242 mila euro. Non cosa da poco affermarsi in una delle più importanti iniziative sviluppate nel quadro del programma europeo Horizon a sostegno delle ricerche di eccellenza post dottorato. Che dimostra, peraltro, come le cosiddette “terre rare” siano di interesse primario per l’Unione europea, indispensabili in numerosi settori: dall’ambiente alla difesa, dall’energia ai trasporti, alle telecomunicazioni. La ricerca, che si svolgerà tra Udine e Zurigo, è coordinata dal Dipartimento Politecnico di Ingegneria e architettura dell’ateneo friulano con la supervisione di Andrea Melchior, docente di Fondamenti chimici delle tecnologie.

Martina Sanadar, nata a Verona ma che si autodefinisce “cosmopolita”, ha svolto il dottorato e altri due anni di ricerca a Udine e attualmente lavora in Francia, al Centro nazionale della ricerca scientifica di Orléans. Sulla Vita Cattolica del 26 marzo 2025 pubblichiamo una sua intervista, curata da Valentina Zanella, nella quale spiega di aver scelto come sede del suo progetto l’Università di Udine perché «seppur piccola ha tante collaborazioni e anche le strumentazioni adatte alla mia ricerca».

«Una delle cose che abbiamo fatto proprio a Udine negli anni scorsi – racconta la ricercatrice – è stato prendere dei magneti di scarto da un’azienda che ce li ha donati – la Italfit, di Fagagna –, li abbiamo sciolti in un acido e da questa soluzione acquosa, grazie a dei liquidi ionici (sali liquidi a temperatura ambiente), siamo riusciti ad estrarre e separare, selettivamente, alcuni metalli: ad esempio il cobalto dal samario, entrambi materie prime critiche, quindi utili per l’Europa. Con la nuova ricerca metteremo questi liquidi ionici in delle matrici solide, chiamate ionogel. Sarà così più semplice l’estrazione dei metalli da prodotti elettrici ed elettronici a fine vita».

«L’idea è di utilizzare per lo studio dei materiali che possano dare già dei risultati – chiarisce Sanadar –. Ovviamente per passare poi ad applicazioni su grande scala sarà importante cercare un’azienda interessata».

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