Dalla Nuova Zelanda a Torviscosa. Per un viaggio della memoria. E di grandi emozioni. Durante la loro vacanza in Europa, infatti, Rob e Diane O’Connor hanno voluto conoscere il sito e la storia del campo di prigionia numero 107, quel Villaggio Roma dove il papà di Rob, Robert O’Connor, è stato internato nel 1943. Lo hanno visitato lunedì 14 ottobre, accompagnati dai volontari della Pro Torviscosa che, proprio in questo periodo, stanno lavorando a un progetto di valorizzazione del sito grazie ad un finanziamento del Consiglio Regionale e con la collaborazione dell’Associazione Campo.
Se è piuttosto complicato ricostruire la storia della prigionia di Robert, non avendo a disposizione suoi ricordi personali – morì a soli 33 anni, prima della nascita del figlio che porta il suo stesso nome –, molte sono invece le notizie storiche a disposizione, relative a quegli anni.
Come molti altri prigionieri del 107 – è stato illustrato ai suoi parenti – anche O’Connor, arruolato negli eserciti dell’Impero britannico, era stato catturato in Egitto nel luglio del 1942 durante la prima battaglia di El Alamein. Internato dapprima nel terribile campo di Bengasi era stato poi trasferito in Italia al campo 57 di Grupignano, frazione di Cividale del Friuli, e infine nel 107 a Torviscosa. In quello che è stato il primo in Italia a configurarsi come campo di lavoro a sostegno delle attività di aziende private. La realizzazione di luoghi del genere fu decisa dal governo italiano per gestire quanti erano stati catturati tra il 1941 e il 1942 nelle battaglie della guerra in Africa. Così le aziende, coprendo i costi di costruzione dei campi di lavoro, potevano utilizzare i prigionieri come loro lavoratori.
A Torviscosa le attività agricole erano legate alle necessità della Snia Viscosa, una delle fabbriche più importanti dell’epoca; tra il 1937 e il 1938 l’azienda aveva acquistato in zona svariati terreni in cui aveva iniziato la coltivazione su larga scala di canna gentile. Ma nonostante l’impiego di migliaia di operai e braccianti, lo stabilimento era sempre alla ricerca di ulteriore manodopera e per questo la proposta del governo fu accolta con interesse.
Nell’estate del 1942 il campo di lavoro venne, dunque, ultimato e già a metà settembre aprì le porte ai primi 500 prigionieri a cui, un mese dopo, se ne aggiunsero altrettanti.
Sono gli elenchi dei prigionieri britannici – conservati nei National Archives of the United Kingdom – che danno conto della presenza al 107 di O’Connor già prima del 22 ottobre del 1942. Il giovane neozelandese risulterà ancora in Friuli all’armistizio del settembre 1943. Da quel momento in poi circa la metà dei prigionieri del 107 decise di lasciare il campo, cercando di raggiungere le linee alleate. Chi invece optò per rimanere confidava nell’arrivo degli eserciti britannici. Così anche O’Connor che purtroppo il 30 settembre 1943, insieme agli altri occupanti del campo, fu deportato dai tedeschi in un campo di prigionia del Reich. L’esercito tedesco era infatti riuscito ad occupare l’Italia nord-orientale prima dell’arrivo degli alleati. La destinazione fu il campo 18A di Wolfsberg, in Austria, dove O’Connor rimase fino alla fine della guerra, venendo liberato solo nel maggio 1945.
La “sua” storia ora è stata “restituita” al figlio Rob e alla nuora Diane che hanno voluto ripercorrere quanto da lui vissuto al campo 107, per onorarne la memoria insieme a quella degli altri mille prigionieri costretti nel campo lavoro di Torviscosa.
Monika Pascolo