«Tre incontri per riscoprire, attraverso i tre capisaldi dell’identità cristiana aquileiese delle origini, testimoniati da Rufino nella sua “Spiegazione del Credo”, la modernità di quel paradigma cristiano». Così Glesie Furlane – l’associazione nata nel 1974 per mettere in pratica il Concilio Vaticano II nella realtà storica, sociale e culturale friulana, secondo il principio dell’inculturazione della fede – celebrerà i suoi cinquant’anni di vita.
Tre appuntamenti
Il ciclo di tre conferenze, intitolato significativamente “Le origini di una storia, il futuro di un’identità. Dal cristianesimo di Aquileia al mondo globalizzato”, prenderà le mosse dai tre predicati che distinguevano il “Credo” dell’antica Chiesa di Aquileia da quello romano, secondo quanto esplicitamente afferma il teologo Rufino (Iulia Concordia, 345 circa – Sicilia, 411): la definizione di Dio come “Invisibile e impassibile” (Rufino, “Spiegazione del Credo” 5,3) di cui parlerà Gabriele Pelizzari dell’Università degli Studi di Milano domenica 17 marzo nella sala consiliare di Aquileia alle 15.30 nel primo incontro dal titolo “La possibilità di Dio nella città secolare, il posto della ‘Verità’ nel discorso debole”.
In secondo luogo, il riferimento a “La resurrezione di questa carne” (Rufino, “Spiegazione del Credo” 41,2) di cui si occuperà Irene Barbotti del Trinity College di Dublino nella conferenza “Corpi santi: la salvezza di ‘questa carne’, come matrice religiosa. Il corpo come identità”, domenica 21 aprile nella sala consiliare di Venzone.
Infine la discesa agli inferi di Gesù (Rufino, “Spiegazione del Credo”, 12,1) di cui parlerà Stefano De Feo dell’Università di Berna domenica 3 maggio, nella sala Gusmani dell’Università di Udine (sempre ore 15.30).
Gli interventi dei tre relatori, inoltre, saranno inframezzati dal coro “Schola Aquileiensis” che eseguirà brani dell’antica liturgia aquileiese, uno tra tutti la famosa antifona “Cum Rex Gloriae” che descrive proprio la discesa di Gesù agli inferi.
I tre predicati del “Credo” di Rufino
Da un lato – spiega Pelizzari – desideriamo osservare le radici profonde di queste idee teologiche, in particolare per capire se si tratti solo di corollari della predicazione del Vangelo o non piuttosto anche della preservazione e riaffermazione, in ambito cristiano, di caratteri propri della cultura religiosa giudaica e di categorie istitutive delle tradizioni prototestamentarie. Riscontrare, nella teologia aquileiese delle origini, la presenza di questi caratteri – che lo studioso Jean Daniélou avrebbe definito “giudeo-cristiani” – permette anche di collocare gli esordi di questa tradizione cristiana non oltre la prima metà del II secolo. Dall’altro lato – prosegue Pelizzari – l’intento dei tre incontri è quello di chiedersi se questa specificità aquileiese, da cui deriva ogni possibile pretesa di identità friulana, sia ancora efficace, se abbia cioè ancora qualcosa da dire al mondo in cui viviamo, eventualmente concorrendo a immaginarne l’avvenire».
Ecco allora che, prosegue Pelizzari, «il Dio “Invisibile e impassibile” ci riporta al tema della possibilità di idee forti in un’epoca, come l’attuale, caratterizzata dal pensiero debole e dal relativismo. La “discesa agli inferi” – che nella tradizione teologica antica è quell’articolo di fede che afferma l’urgenza con cui il Cristo, dopo la croce ma prima ancora di manifestare la sua Resurrezione davanti agli Apostoli, “discende agli inferi” per liberare tutti i giusti, figli di Israele e figli di Adamo, che avevano lungamente atteso quel giorno, secondo una proiezione del concetto (e dell’ideale!) di salvezza a tutta la storia umana. Ebbene, in epoca di “cancel culture”, in un tempo che considera la storia ininfluente per la vita, quando non avversaria del presente, assume particolare significato l’ideale di un’identità che si fonda sulla pretesa di riconoscere come vera una salvezza solo nella misura in cui essa non lascia indietro il passato, vera nella misura in cui è innanzi tutto rivolta a tutta la storia umana. Infine – aggiunge Pelizzari – la “Resurrezione di questa carne” presuppone un’antropologia forte – biblica anziché platonica –, che riconosce l’uomo nell’aggregato inscindibile di spirito e corpo. In un tempo come il nostro che usa il corpo, che si identifica nel corpo, ma che, con il corpo, fa anche morire tutto, Aquileia propone una sorta di “rivoluzione copernicana”: con la vita promessa agli uomini si salva anche “questa carne”; la salvezza passa proprio per il corpo».
“Tesori ideali” per il presente e il futuro del Friuli
Il merito di aver richiamato l’attenzione su questi caratteri dell’antica Aquileia cristiana è, come noto, da attribuirsi a una corrente di studio e ricerca che da mons. Gugliemo Biasutti è passata per don Gilberto Pressacco, Renato Iacumin, Remo Cacitti. E di quest’ultimo i tre relatori sono stati allievi. «L’obiettivo di questo ciclo di incontri – conclude Pelizzari – è richiamare l’attenzione sul fatto che il cristianesimo aquileiese delle origini è lo scrigno di tre “tesori ideali” che molto hanno ancora da dire, anche al nostro tempo, sapendo parlare la lingua dei nostri giorni meglio di tanti tentativi stanchi di “fare la morale” alla storia o alla contemporaneità. Per questo, a mio avviso, l’identità friulana che tanto spesso viene rivendicata, ma solo come una “scatola vuota”, senza conoscerne il significato, non può essere ridotta esclusivamente a un semplice lascito folklorico (aspetto fondamentale, che spesso custodisce un’archeologia della storia ricchissima, come ha insegnato magistralmente don Gilberto Pressacco), ma dev’essere riconosciuta per quello che è: la sopravvivenza di una storia che risale alle pagine più antiche del Primo Testamento e che è ancora in grado di dialogare con l’agenda culturale della nostra epoca. Non la foto ingiallita dei nonni da spolverare di quando in quando, ma la possibilità di un progetto di futuro».
Stefano Damiani