I baffi all’insù e quei due ciuffi in testa colorati di rosso («Quando si sbiadiscono diventano fucsia») e verde incorniciano la sua simpatia. In scena come nella vita. Perché ormai, dopo anni di “gavetta”, quel look è diventato il suo “marchio di fabbrica” e una volta giù dal palco non c’è alcun abito di scena da dismettere. Quegli originali baffi e chioma lo accompagnano anche nella quotidianità e per chi ha la fortuna di incrociarlo per strada – è originario di Tarcento, ma da qualche anno abita a Udine – non è detto che dalle sue mani, mentre va a fare la spesa o a bere un caffè, non nasca così dal nulla qualche strabiliante magia. «È il mio mondo ormai da tantissimi anni e da gennaio, dopo aver aperto la partita iva, è a tutti gli effetti il mio mestiere», racconta con orgoglio. Così, Andrea Colomba, classe 1989, si è trasformato nel Mago Deda, ormai conosciutissimo tra i più piccoli e non solo, sia per le sue partecipazioni a feste e spettacoli – anche oltre i confini regionali e fino in India, Russia, Cina, Sud America – sia per le sue apparizioni in tv e in radio (pure a Radio Deejay).
A dire il vero, però, “Deda” c’è da sempre. «È il soprannome che mio fratello Ale mi ha dato da piccolo, quando non riusciva a pronunciare il mio nome – spiega –; tutti gli amici di scuola e del borgo in cui vivevo mi hanno sempre chiamato così, tanto che molti non conoscono affatto il mio vero nome». Col tempo, davanti a quel nomignolo, Andrea ci ha aggiunto la parola “mago”.
Con leggerezza racconta la sua storia e di come «tutto quello che sono adesso» sia iniziato da «una brutta esperienza». Non aveva ancora finito le medie quando una sera, nella borgata tarcentina di San Biagio – dopo il rosario (appositamente dedicato ai più piccoli; una bella consuetudine nata dal compianto mons. Duilio Corgnali) bambini e ragazzini si ritrovavano tutti insieme a giocare – sfrecciando in bicicletta, si è scontrato con un motorino. Finito con la testa contro una ringhiera in ferro, per il grave danno è stato in coma per sette giorni…
L’articolo completo, a firma di Monika Pascolo, si può leggere sul numero in edicola de “la Vita Cattolica”.