Testimonianza dal carcere di Udine
Una domenica simile alle altre: tanti cancelli che si aprono e si chiudono e il clima più silenzioso sia perché è mattino presto sia perché nei festivi non ci sono attività in carcere. Nella Casa circondariale di Udine però abbiamo la fortuna di avere la celebrazione dell’Eucarestia proprio nel giorno del Signore, in modo che i nostri ragazzi abbiano almeno la possibilità di trascorrere un momento di preghiera sia personale sia condivisa nella Messa. Dopo il mio arrivo in cappella, accompagnato come sempre dagli agenti, poco alla volta dalle varie sezioni arrivano i ragazzi che salutano e si siedono; è occasione per qualche parola, qualche notizia o informazione da scambiare e nell’attesa pregare e leggere il foglietto della Messa.
Nonostante ogni tanto ci possa essere qualche piccolo trambusto che arriva dai piani sottostanti, la celebrazione si svolge con molta serenità e pur essendo semplice e sobria è uno spazio di preghiera sincero e sentito.
Al termine gli “avvisi” (per certi versi il carcere può essere vissuto come una “parrocchia” un po’ particolare!) e ci salutiamo chiedendo l’aiuto della Madonna con il canto o una semplice Ave Maria. Poi i ragazzi si avvicinano per qualche piccola richiesta: una croce, un rosario, le batterie per le radioline che regaliamo ai detenuti… e quando tutti sono scesi nelle rispettive sezioni con gli agenti presenti chiudiamo e lasciamo che Gesù, presente nel tabernacolo, custodisca, nonostante tutto, questo luogo.
Ma una domenica accade qualcosa di inaspettato. Scendo le scalinate anguste con un paio di agenti che mi accompagnano, arriviamo alla “rotonda” e mi si avvicina uno degli assistenti della Polizia penitenziaria che mi dice: “Padre può venire un momento con noi?”. Un po’ intimorito entro in guardiola dove si trovano almeno cinque agenti, tutti piuttosto giovani. “Padre, vorremmo chiederle di dire una preghiera insieme, per questo lavoro così delicato e le tante difficoltà che si incontrano ogni giorno”. Commosso e quasi senza parole prego con loro e termino dando la benedizione, ringraziandoli per questo gesto così umile, ma grande allo stesso tempo.
La nomina come cappellani degli istituti penitenziari porta con sé la responsabilità di tutto il carcere e di chi ci lavora, in particolare di chi sta in prima linea come gli agenti ad affrontare quotidianamente turni, situazioni estremamente delicate, mancanza di personale. Questa preghiera inattesa ricompensa del lavoro svolto. Si estenda a tutti coloro che in carcere lavorano quotidianamente.
p. Lorenzo Durandetto
Cappellano Casa Circondariale di Udine
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