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Commento al Vangelo

Venne ad abitare in mezzo a noi

Dal Vangelo secondo Giovanni GV 1, 1-18

In principio era il Verbo,
e il Verbo era presso Dio
e il Verbo era Dio.
Egli era, in principio, presso Dio:
tutto è stato fatto per mezzo di lui
e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste.
In lui era la vita
e la vita era la luce degli uomini;
la luce splende nelle tenebre
e le tenebre non l’hanno vinta.
Venne un uomo mandato da Dio:
il suo nome era Giovanni.
Egli venne come testimone
per dare testimonianza alla luce,
perché tutti credessero per mezzo di lui.
Non era lui la luce,
ma doveva dare testimonianza alla luce.
Veniva nel mondo la luce vera,
quella che illumina ogni uomo.
Era nel mondo
e il mondo è stato fatto per mezzo di lui;
eppure il mondo non lo ha riconosciuto.
Venne fra i suoi,
e i suoi non lo hanno accolto.
A quanti però lo hanno accolto
ha dato potere di diventare figli di Dio:
a quelli che credono nel suo nome,
i quali, non da sangue
né da volere di carne
né da volere di uomo,
ma da Dio sono stati generati.
E il Verbo si fece carne
e venne ad abitare in mezzo a noi;
e noi abbiamo contemplato la sua gloria,
gloria come del Figlio unigenito
che viene dal Padre,
pieno di grazia e di verità.
Giovanni gli dà testimonianza e proclama:
«Era di lui che io dissi:
Colui che viene dopo di me
è avanti a me,
perché era prima di me».
Dalla sua pienezza
noi tutti abbiamo ricevuto:
grazia su grazia.
Perché la Legge fu data per mezzo di Mosè,
la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo.
Dio, nessuno lo ha mai visto:
il Figlio unigenito, che è Dio
ed è nel seno del Padre,
è lui che lo ha rivelato.
 
Parola del Signore

Commento al Vangelo del 5 gennaio 2025,
II domenica del tempo di Natale

A cura di don Pietro Giassi

Il tempo di Natale, nella sua brevità, è di intensità unica: se come quest’anno la sua preparazione nell’avvento dura poco più di tre settimane, poi ci si ritrova quasi sommersi di feste e solennità. La seconda domenica dopo Natale, incastrata tra “Maria, Madre di Dio” e l’Epifania del Signore, diventa una cenerentola. Anche la liturgia sembra dirci questo, tant’è che il vangelo proposto è qualcosa di già sentito in questi giorni perché l’attenzione verrà nuovamente concentrata sul Prologo di san Giovanni, incontrato come vangelo della messa del giorno di Natale. Ma è proprio per il suo ripetere che questa seconda domenica brilla: abbiamo bisogno che ci venga riproposto in maniera solenne quel testo all’interno di una celebrazione. Non può venir dato solo come compito per casa quando, fermandoci in un momento di preghiera, riprendiamo le letture della messa facendo un tempo di meditazione. È all’interno di una celebrazione eucaristica che la Chiesa ci dona queste poche parole. Sono parole piene, queste, che ci vengono annunciate, piene di grazia e di verità, in quanto ogni volta la Parola ci annuncia il Verbo e l’annuncio del Vangelo edifica la Chiesa che nel suo cammino di conversione trova nuovamente forza dal dono dell’eucarestia. La grazia del dono del Figlio nell’Incarnazione nella verità all’interno della quale ci pone: non vi era altra via per la salvezza dell’uomo che quella di un dio che si incarnasse. La legge, per quanto utile, arriva a mostrarti il tuo errore e la tua mancanza: la legge ti dice dove e quando hai sbagliato, mentre il Vangelo di Gesù Cristo, non nascondendo il tuo peccato, ti annuncia che sei perdonato «affinché, giustificati per la sua grazia, diventassimo, nella speranza, eredi della vita eterna», come ricordato nella seconda lettura.

In questa domenica facciamo tesoro di queste parole chiedendo la grazia di poter approfondire sempre più quella grande eredità, quel dono d’amore che ci ha illuminati. Nel ripetere le parole del prologo, la Chiesa vuole aiutarci a ricordare sempre più quelle tracce dell’amore di Dio che la nostra umanità ferita spesso scorda, in particolare nei momenti in cui siamo in sofferenza e nella confusione. Ricordare attraverso la ripetizione sarà dunque rinnovante; se la sola ripetizione annoia è perché il tutto lo sentiamo come estraneo alla nostra vita, mentre ripetere per ricordare ci aiuterà ad entrare nella realtà descritta e questa realtà sarà sempre più nostra. La nostra celebrazione eucaristica è il memoriale della Pasqua, dove non ripetiamo ma viviamo di nuovo quello che il Signore con la Chiesa ha vissuto: le parole della consacrazione sono le stesse, ma quel fatto è nuovo e come tale ci rinnova se gli permettiamo di coinvolgerci. Il Prologo è sempre quello e le parole non cambiano, ma questo descrive una realtà che abbiamo vissuto e che ancora vivremo se permetteremo alla luce di splendere ancora nelle nostre tenebre: ricordiamo i fatti belli e importanti in cui la Luce di Cristo ha illuminato la nostra vita, riportando alla mente anche le persone intervenute affinché prendessimo coscienza del nostro errore, come lo è stato Giovanni Battista per il popolo d’Israele. Questo ci aiuterà ad aprire con coraggio la nostra vita al Signore affinché anche lui in noi ripeta ancora una volta: ti amo e per te mi sono fatto uomo!
don Pietro Giassi

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