Abbonati subito per rimanere sempre aggiornato sulle ultime notizie
ChiesaIn evidenza

Zuppi alla Settimana sociale: «Pronti a pagare il prezzo della speranza per costruire il domani»

«La Chiesa non rivendica privilegi, non li cerca, ben consapevole di come questi in passato l’hanno fatta percepire preoccupata per sé e meno madre. Ci sentiamo parte di un Paese che sta affrontando passaggi difficili e crisi epocali». È il cardinale Matteo Maria Zuppi, presidente della Conferenza Episcopale Italiana, a motivare un’iniziativa come la Settimana sociale dei Cattolici in corso a Trieste. Lo ha fatto nel corso dell’intervento di apertura dell’edizione numero 50, davanti a oltre mille delegati da tutta Italia e – per l’occasione – davanti al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella.

«Trieste è una terra di confine – ha detto Zuppi -, segnata dal dialogo interculturale, ecumenico e interreligioso, da tanta sapienza antica e recente, porta che unisce est e ovest, nord e sud, ma anche terra segnata da ferite profonde che non si sono del tutto rimarginate».

Grazie all’Italia che c’è

Non si è soffermato, Zuppi, sull’Italia “senza”: senza figli, senza lavoro, senza soldi, senza partecipazione, senza gente in chiesa. Ha preferito volgere lo sguardo a quell’Italia che c’è, sottolineando tante presenze che fanno bene al tessuto sociale e comunitario. A partire dalla Chiesa stessa.

«Grazie a chi continua a partecipare nonostante la crisi del “noi” perché la Chiesa è un luogo dove ci si appassiona al prossimo e, quindi, al dialogo, come è avvenuto in assemblee, convegni, riunioni, nel cammino sinodale, proprio per il suo carattere eminentemente sociale e non egocentrico o di massa», ha detto Zuppi, che poi ha proseguito: «Grazie a chi non si scoraggia. Grazie a tutti quelli che con tenacia stanno favorendo esperienze di partecipazione. Grazie agli amministratori che, pur tra sacrifici, si dedicano al bene comune e a quanti esercitano funzioni pubbliche e le adempiono con disciplina e onore. Grazie a chi svolge umilmente, secondo le proprie possibilità e scelte, “un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società”. È così che si costruiscono inclusione e convivenza, si vincono i pessimismi, si sconfiggono le furbizie che piegano a interesse privato il bene pubblico».

Il pubblico di Trieste

La persona sempre al centro

Per Zuppi la Chiesa è madre di tutti, «perché solo guidata dal Vangelo. Leggere e qualificare le sue posizioni in un’ottica politica, deformando e immiserendo le sue scelte a convenienze o partigianerie, non fa comprendere la sua visione che avrà sempre e solo al centro la persona, senza aggettivi o limiti». Ben cinque volte il Cardinale presidente è tornato sul tema della centralità della persona, cardine del personalismo in chiave cristiana sviluppato dalle menti e dai cuori di Maritain, Guardini e De Lubac, solo per ripercorrere alcuni dei nomi tirati in ballo da Zuppi.

Tantissimi poveri. Come è possibile?

«La Chiesa – ha proseguito il Presidente della CEI – parla perché è libera e ha uno sguardo amorevole e benevolo verso ciascuno: di tutti è amica e preoccupata, nessuno è per lei nemico. Per questo, come Chiesa, di tempo in tempo, con la nostra esperienza umana dell’Italia, maturata tra la gente, esprimiamo “preoccupazioni”: sono testimonianze della realtà e dei suoi angoli dimenticati, sono offerte di dialogo in spirito di franchezza e collaborazione».

«Ci angoscia il fatto – ha proseguito il Cardinale presidente – che oggi i “poveri assoluti” siano cresciuti fino a diventare più di 5 milioni e mezzo: 1 su 10, tantissimi. Dovremmo interrogarci con severità: come è possibile?»

Amore per Cristo genera amore per il prossimo. Anche sul lavoro

«Ecco quale è la vera rilevanza della Chiesa e dei cristiani: l’amore per Cristo che la porta necessariamente a quello per i suoi fratelli più piccoli! “Se condividiamo il pane del cielo, come non condivideremo quello della terra?”, ricordava il Cardinale Lercaro».

A questo proposito, la recente morte di Satnam Singh è emblematica di un processo di integrazione a partire dal lavoro, nel suo caso tragicamente interrotto (o forse mai partito). «Sognava il futuro e lavorava per ottenerlo: è uno di noi, lo ricordiamo con commozione e la sua vicenda è un monito che svela l’ipocrisia di tante parole che purtroppo rimangono tali e, quindi, beffarde». Parole che suonano come un monito per il mondo economico e lavorativo, chiamato a essere parte attiva non soltanto del mondo produttivo, ma anche del tessuto comunitario.

Pagare il prezzo della speranza

Suona come un appello all’impegno la chiosa del Presidente Zuppi. Impegno non privo di un “prezzo”. «Buona Settimana Sociale a tutti, tanta visione per il futuro, pronti a pagare il prezzo della speranza e del sacrificio necessario per costruire il domani di un Paese per tutti, con al centro la persona!»

Giovanni Lesa, inviato a Trieste

Articoli correlati